Per i carabinieri il collaboratore di giustizia arrestato nei giorni scorsi sarebbe stato costretto al silenzio dai clan di Platì nel 2022. La Dda di Milano traccia il profilo di un uomo che ha ancora rapporti profondi con ambienti criminali legati alla famiglia Barbaro: il suo ruolo nell’inchiesta legata al caso Equalize
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Quando il nome di Nunziatino Romeo tornò nelle cronache giudiziarie nel giugno 2022, la Dda di Reggio Calabria lo considerava un pentito-chiave nel processo d’appello ’Ndrangheta Stragista. E i tanti «non so» e «non ricordo» pronunciati in aula avevano un suono sinistro. L’ipotesi, messa nero su bianco in un’informativa dei carabinieri di Reggio Calabria era che i clan aspromontani lo avessero raggiunto per zittirlo.
«Il comportamento reticente di Romeo durante l'esame dibattimentale - spiegava quel documento - è certamente collegato a una convocazione di quest'ultimo da parte di esponenti del mandamento jonico, in particolare del territorio di Platì». I clan, in particolare, sarebbero intervenuti dopo aver riconosciuto il pentito in un'intervista televisiva a volto coperto grazie al «tratto finale dell'orecchio sinistro».
Arrestato in uno dei filoni d’inchiesta sulla centrale milanese dei dossieraggi Equalize, Romeo appare ai magistrati antimafia lombardi qualcosa in più di un pentito intimidito. Il gip distrettuale lo tratteggia come un uomo che non ha soltanto trascorsi criminali importanti ma «legami solidi e attuali» con ambienti legati alle cosche calabresi. Un segnale sarebbe la risposta affermativa arrivata quando il gruppo di Equalize, la presunta centrale di dossieraggio, gli chiede di mediare tra due aziende per ridurre un debito (quello della società Fenice spa nei confronti della G&G) da 30 a 8 milioni di euro. È la storia per la quale ieri sono scattati arresti e perquisizioni: Romeo è accusato, per quella mediazione, di violenza privata con l’aggravante mafiosa.
Sarebbe stato, tra gli altri, l’ex super poliziotto Carmine Gallo - morto pochi giorni fa d’infarto - a chiedergli di fare da mediatore per dare una mano a Lorenzo Sbraccia, titolare di Fenice e cliente di Equalize, alla quale si sarebbe rivolto per ottenere presunte informazioni illecite su varie società di suo interesse.
In quell’incarico, Romeo avrebbe speso le proprie capacità di intimidazione per perseguire non tanto gli interessi dell’imprenditore che avrebbe beneficiato dello sconto quanto «l’interesse di un ambiente criminale con il quale è tuttora evidentemente in contatto». Nell’affare entrano personaggi dai cognomi che richiamano la serie A della ’ndrangheta: Barbaro e Trimboli. Nomi ben noti anche a Milano e con mire imprenditoriali chiare. Tanto che sarebbe stato un «centro di potere» vicino ai Barbaro a entrare in affari con Fenice spa proprio grazie - è l’ipotesi della Dda di Milano – alla regia di Romeo. Il piano è, per i magistrati, chiarissimo: l’intervento a favore di Fenice spa finisce per togliere di mezzo i creditori della ditta amica e per sostituirli con altre imprese «indicate dai Barbaro». La figura di Nunziatino Romeo sarebbe centrale in questo percorso: non è proprio la rappresentazione di un pentito che, scoperto grazie a un dettaglio fisico in un’intervista tv, viene costretto a tacere dal clan. Sarà il prosieguo dell’inchiesta a chiarire il ruolo del collaboratore di giustizia sentito nel processo ’Ndrangheta stragista.
Nel ragionamento del gip che ha deciso l’arresto del pentito ci sono anche i suoi trascorsi criminali che risalgono agli anni 80: estorsioni, ricettazione e stupefacenti. Nel 1991, dopo una condanna a 12 anni per traffico di stupefacenti, per Romeo inizia una seconda vita da collaboratore di giustizia «che ha riguardato anche i suoi rapporti con la ’ndrangheta». I precedenti penali però riprendono nel 2011: rapina, minacce e lesioni. E continuano fino a oggi: c’è anche una condanna per rapina in concorso emessa dalla Corte d’appello di Torino e divenuta irrevocabile nell’ottobre 2019.
Il metodo Romeo per convincere i creditori di Fenice ad accontentarsi di una cifra molto inferiore sarebbe, secondo la Dda di Milano, molto convincente. «Prendi quei soldi lì o se non li prendi più», avrebbe detto a uno degli imprenditori finiti nel mirino. Che, nel tempo, capisce di avere a che fare con «gente non a posto» e commenta che Sbraccia (proprietario di Fenice spa e indagato in questo filone dell’inchiesta) si è «messo in mano» alla «mafia… a mafia o ’ndrangheta, chiamatela come avete voglia».
È sempre Romeo, che si presenta come Marco, a invitare il creditore ad accettare «un forte saldo e stralcio». Secondo l’accusa lo farebbe presentandosi come un personaggio appartenente alla ’ndrangheta. In una telefonata del 23 maggio 2023, il pentito si sarebbe manifestato come componente di una famiglia mafiosa. Questa presenza non sarebbe stata soltanto metaforica. Lui, Pasquale Barbaro e Giuseppe Trimboli avrebbero monitorato da poca distanza gli incontri tra Fenice e G&G per essere sicuri che finissero secondo i desiderata del gruppo di Equalize. Una «mediazione mafiosa», secondo la Dda di Milaon, che avrebbe proprio in Romeo la figura chiave.