Lasciati da governo e Regione senza linee guida precise che possano portare ad una riapertura ufficiale della attività. Per loro la vera fase 3 non è mai iniziata e non perché si tratti di comunità terapeutiche per tossicodipendenti, ma perché non sono arrivate indicazioni tali da poterli portare effettivamente a sbloccare tutti i servizi. Siamo a Lamezia Terme, nella comunità Fandango, una delle realtà satellite della Progetto Sud. L’ultima indicazione arrivata è una circolare della Regione Calabria a cavallo tra la fase due e la fase tre che prevedeva il riaccoglimento in comunità a patto che venisse fatto il tampone prima dell’accesso, negatività al tampone e successiva quarantena.

 

«Non sappiamo - ci spiega Angela Muraca, una delle responsabili della Comunità - se possiamo uscire e fare attività terapeutiche all’aperto viaggiando sullo stesso mezzo». Bloccate in attesa di direttive anche le cosiddette “verifiche” che prevedono il rientro periodico a casa di chi si sta disintossicando. «Mancano indicazioni al riguardo e questo incide e ha inciso. Alcuni, ad esempio, sono andati via» – aggiunge Muraca che chiede chiarezza: «Per alcuni aspetti siamo stati considerati alla pari delle Rsa, per altri come strutture residenziali psichiatriche. C’è confusione».

 

Per cercare di dipanare la matassa ed assumere comportamenti corretti, ci si è così spesso consultate tra comunità, in particolare con quelle della Lombardia. Ma anche ora tante sono le falle. Intanto, si continuano a mantenere le distanze, ad evitare i gruppi terapeutici e a proseguire le consulenze in modo individuale. Solo di recente si è ripreso ad accogliere, ma dopo quarantena. Anche in questo momento isolato in una stanza si trova un ragazzo che a breve potrà iniziare il suo iter terapeutico.

 

Bernando, uno degli ospiti, ci racconta, invece, come è stato vivere una pandemia in comunità. Dai momenti di stress e nervosismo aumentati proprio a causa dell’isolamento me al cambiamento delle abitudini e dei ritmi, alla difficoltà del dovere fare a meno dei familiari. Per loro, già lontani dal mondo esterno, la percezione del Covid è arrivata dopo, quando hanno iniziato a notare l’uso delle distanze e delle mascherine. Mascherine che, ci dice, hanno anche ridotto il linguaggio non verbale, privandoli anche di quei sorrisi che, invece, tanto possono significare per loro: «Non è stato facile da un giorno a l’altro adeguarsi a tutte queste nuove norme e rispettare le distanze vivendo insieme. Mi è mancata anche la famiglia, pensavo di non essere il tipo, invece, mi è mancata mia madre».

Una mancanza che purtroppo dovranno sopportare ancora, perché a causa della latitanza di direttive i parenti non sono ancora ammessi nelle strutture.