La Corte dei conti condanna Lirosi Linee srl a risarcire l’amministrazione. I mezzi sarebbero stati utilizzati per corse fuori dal territorio calabrese: agli atti anche la relazione di un’agenzia di investigatori privati
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Autobus pagati dalla Regione usati per trasporti interregionali. E per l’azienda arriva una stangata da 1,6 milioni di euro (ma poteva andare decisamente peggio). Per la Procura della Corte dei conti l’azienda Lirosi avrebbe dovuto restituire alla Regione Calabria quasi 4,3 milioni di euro come «somma indebitamente percepita a titolo di contributi pubblici relativi al Piano autobus» deliberato tra il 2003 e il 2004. Denuncia arrivata da un’indagine della Guardia di finanza i cui esiti erano stati trasmessi nel 2016. Il fulcro delle accuse: i militari lamentavano il presunto svolgimento, da parte della società Lirosi Linee srl, di servizi di linea su tratte interregionali, avvalendosi di autobus di proprietà della società Lirosi Autoservizi srl, operante invece nell’ambito del trasporto regionale, per i quali quest’ultima avrebbe percepito sovvenzioni pubbliche erogate dalla Regione Calabria».
C’erano anche le relazioni di un’agenzia privata di investigazioni a «comprovare l’utilizzo di una serie di autobus oggetto di finanziamento sulle tratte interregionali Reggio Calabria/Roma e Reggio Calabria/Perugia». Una parte di quegli autobus sarebbero stati sostituiti da nuovi mezzi, 14 in tutto, con un contributo della Regione pari a 2,4 milioni di euro. Il nodo è proprio questo: quegli autobus non potevano essere oggetto di alienazione né di una destinazione diversa rispetto alle finalità originarie per i quali erano stati finanziati, altrimenti il contributo sarebbe venuto meno. A meno che, ovviamente, non fosse stata la Regione a concedere deroghe (che la stessa Regione ha affermato di non aver mai concesso).
C’era anche un’altra contestazione che riguarda il numero dei dipendenti: anche quello garantisce alle ditte la possibilità di ottenere erogazioni pubbliche. E anche in questo caso i lavoratori o almeno parte di essi sarebbero stati utilizzati per i viaggi interregionali ma sovvenzionati dalla Regione.
La battaglia legale si è concentrata sia sul numero delle corse interregionali, che la difesa di Lirosi considera molto minori di quelle elencate dalla Guardia di finanza, che sull’effettivo supporto della Regione ai costi del personale.
Il giudizio, in effetti, finisce per ridimensionare le accuse: se la Procura calcola in 1.172 le corse fuori regione svolte con gli autobus destinati al servizio regionale, l’analisi approfondita del fascicolo riduce il numero a 128. I giudici, tuttavia, non mancano di censurare il comportamento dell’azienda che «ha scientemente utilizzato autobus che appartenevano ad altra società e alcuni dei quali addirittura recavano la scritta “Regione Calabria” sulle fiancate. È di palmare evidenza, dunque, il dolo, inteso come coscienza e volontà di usare mezzi non propri, acquistati con contribuzioni pubbliche, per finalità privatistiche». Diverso il discorso per il personale utilizzato sia in regione che fuori regione, perché «non si evince un espresso divieto di adibire il personale del Tpl ad altre mansioni al di fuori della ditta destinataria della contribuzione» e manca «la prova di un danno, ossia manca in giudizio la prova che la distrazione del personale abbia pregiudicato lo svolgimento del servizio di trasporto pubblico locale».
In conclusione, la quantificazione del danno si limita al contributo ricevuto per l’acquisto di 14 autobus che Lirosi avrebbe potuto usare soltanto in Calabria e invece sarebbero stati utilizzati per i trasporti interregionali. Un danno di 2 milioni 471mila euro che viene rideterminato perché la Corte dei conti tiene in considerazione la «responsabilità di terzi non presenti in giudizio, come la società Lirosi Autoservizi srl, per la quale è stata dichiarata la prescrizione dell’azione erariale»: si arriva così a una stangata minore, pari a un milione e 647mila euro. Il pagamento va diviso tra Carlo Lirosi e Lirosi Linee srl e corrisposto alla Regione Calabria. I condannati potranno ovviamente proporre appello.