Una donna con un carisma eccezionale, disposta ad aprire la porta a migliaia di fedeli che affollavano l'ingresso della sua casa. Natuzza Evolo, la mistica di Paravati (Vibo Valentia), ha lasciato con la sua vita una delle testimonianze di fede più intense. Il suo rapporto con il prossimo, il dialogo con la Madonna, Gesù e gli angeli. La capacità di interloquire con i defunti e con i Santi. Con l’umiltà che sempre la caratterizzò, Natuzza accolse il dono delle stigmate. La Passione vissuta da Gesù Cristo riviveva con tutto il suo vigore sul corpo della donna, soprattutto nel periodo pasquale. Segni che si manifestarono fin dalla giovinezza. Sudorazioni ematiche, non spiegabili scientificamente, a contatto con bende o fazzoletti divenivano simboli e scritte in italiano, in latino, greco, ebraico. O disegni: cuori, ostensori raggianti, corone di spine.

La comparsa delle stigmate

Dall’età di 10 anni, cominciò a patire per piccole lesioni, fori nei polsi e ai piedi che apparivano spontaneamente senza causa naturale. Un segreto tenuto per sé, confessato solo al nonno, che curava le ferite. Con il tempo, le lesioni si estesero interessando la zona delle costole e della spalla destra. Secondo le Scritture, quelle erano le aree delle piaghe di Gesù (MariadiNazareth.it).

L’intervista rilasciata a Pino Nano nel febbraio del 1989

Nell’intervista rilasciata al giornalista Rai Pino Nano, il 27 febbraio 1989, Natuzza racconta la sua fede, le sofferenze patite dal suo corpo, la scelta di non ricevere nessuno – la gente iniziò a frequentare la sua casa per un consiglio, una richiesta d’aiuto o una preghiera fin dal 1937 - nella Settimana di Pasqua, perché diceva «non vedo l’Angelo e non vedo i morti e alle persone un consiglio non glielo posso dare». Una via vai che non annoiava l’instancabile donna: «Gli voglio bene, specie ai giovani». Molti di loro incontravano la mistica in momenti di grande difficoltà, deviati dalle droghe. Tanti facevano ritorno in una "veste nuova": «Contentissimi che sono usciti da questo pericolo grande».