VIDEO | Nel 2003 un pentito fece ritrovare il corpo del fotografo bovalinese che si oppose alla ‘ndrangheta. Don Ciotti (Libera): «Serve una rivoluzione delle nostre coscienze per dare futuro ad una terra tanto bella quanto ferita»
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Vent’anni fa, per mezzo di una lettera anonima, un pentito consegnava a Deborah Cartisano e la sua famiglia le spoglie di suo padre - Adolfo Cartisano, detto Lollò - indicando il punto in cui trovarle: ai piedi della maestosa Pietra Cappa, nel cuore dell'Aspromonte. Da allora, ogni 22 luglio, una marcia organizzata dalla famiglia ripercorre “I sentieri della memoria”; una camminata sul sentiero impervio che portò le forze dell’ordine a rinvenire il corpo di Lollò e che da vent’anni registra la sentita partecipazione di giovani, adulti, familiari di vittime innocenti, forze dell’ordine e autorità. Un modo per ricordare il fotografo bovalinese che non si piegò davanti a richieste estorsive e minacce ma anche per ascoltare, dalla voce dei familiari, le diverse storie delle numerose vittime della criminalità organizzata.
Quest’anno, a trent’anni esatti dalla scomparsa di Cartisano, non si è tenuta la marcia bensì una tre giorni di eventi legati alla sua memoria. Tra questi c’è l’incontro di questa mattina presso il centro pastorale diocesano di Locri; un incontro che ha permesso a numerosi giovani di cogliere l’importanza di portare avanti e condividere il ricordo di chi ha combattuto per la propria libertà.
«Oggi rinnovo il mio impegno - ha raccontato ai nostri microfoni Deborah Cartisano, figlia di Lollò e referente di Libera in Calabria - oggi non siamo fisicamente a Pietra Cappa ma ci siamo col pensiero e con il cuore. In questi anni abbiamo camminato con fatica, ma mai da soli. Quello di oggi è un piccolo resoconto di questi anni, ma allo stesso tempo è un’occasione per ribadire e rafforzare il nostro impegno. Oggi qui ci sono tanti giovani, vogliamo far capire loro che noi ci siamo. Non demandiamo a loro la risoluzione dei problemi, vogliamo risolverli insieme, fare un patto generazionale con loro affinché questa nostra terra possa realmente cambiare».
A dialogare con i tanti giovani presenti, oltre a Deborah Cartisano, anche Francesco Rigitano, dell’Associazione Don Milani; Carmen Bagalà, direttrice della Caritas diocesana di Locri-Gerace; Stefania Grasso ed altri familiari delle vittime della ‘ndrangheta; e il fondatore dell’Associazione Libera don Luigi Ciotti.
«È una giornata di riflessione che ci ricorda che la ’ndrangheta, come la mala erba, va estirpata alla radice - ha sottolineato Don Ciotti -. Per fare ciò ci vuole un grande investimento culturale, educativo e sociale; da questo punto di vista serve una maggiore attenzione da parte della politica del nostro Paese. Bisogna fare in modo di offrire opportunità soprattutto al mondo dei giovani, un mondo molto fragile che ha bisogno di punti di riferimento veri e credibili. Siamo qui per una memoria viva, una memoria che non ci chiede celebrazioni ma responsabilità e impegno, serve una rivoluzione delle nostre coscienze per dare futuro ad una terra tanto bella quanto ferita».