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Sono passati 22 anni dalla lezione di Nicholas Green. Quando la morte del bimbo statunitense, ucciso da un proiettile vagante mentre si trovava in vacanza in Calabria con la famiglia, insegnò a una regione in balia del malaffare il valore di una forma di solidarietà fino ad allora sconosciuta.
Era il 29 settembre del 1994, quando l’auto sulla quale Nicholas viaggiava insieme ai genitori sulla Salerno- Reggio Calabria fu scambiata per quella di un gioielliere, bersaglio designato di una rapina.
Il bambino fu raggiunto da una proiettile alla testa. Soccorso e ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina, Nicholas, che aveva solo sette anni, morì dopo qualche giorno di agonia. Dopo il suo decesso, i genitori , distrutti dal dolore, decisero di autorizzare il prelievo e la donazione degli organi. La morte del piccolo bambino americano, sacrificato sull’altare di una criminalità lontana anni luce dalla sua innocenza, ridiede la vita a sette cittadini italiani.
Altri due pazienti recuperarono la vista grazie al trapianto di cornee. Dall’abisso del lutto, i coniugi Green riuscirono a recuperare la forza di dare un valore a una perdita assurda. La storia di Nicholas fu raccontata in un film e due libri dal padre Reginald. Sul versante giustizia, però, le circostanze della morte del piccolo Nicholas non furono mai chiarite completamente. Il presunto assassino, Michele Iannello, che per l’omicidio Green è stato condannato all’ergastolo, si è sempre professato innocente. Dopo un lungo iter processuale, l’inchiesta aperta dalla Procura della repubblica di Vibo Valentia, è stata archiviata.
Loredana Colloca