«Ne ho 350 panini, li vuoi?». Rosario Alimondi è uno degli agenti della polizia penitenziaria finiti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro sulla «gestione inquietante» (parole del procuratore facente funzioni di Catanzaro Vincenzo Capomolla) del carcere di Siano.

«Sono freschi belli… per la piazza sono una cosa fina… imbustati con il cellophane»: Alimondi – secondo quanto ricostruiscono i pm della Dda di Catanzaro – parla con Antonio Lostumbo, sindaco di Magisano, paese in cui la guardia carceraria è stato eletto consigliere comunale. Per i magistrati «è realistico ritenere che l’amministrazione comunale di Magisano stesse organizzando un evento, atteso che nel prosieguo del dialogo gli interlocutori facevano riferimento anche ad altri generi alimentari», oltre che ai panini “offerti” da Alimondi. «Ci vogliono 100 euro di panini Ro’, già dobbiamo pagare 400 di porchetta», si lamenta uno dei suoi interlocutori. Quei panini, secondo gli investigatori, «erano evidentemente quelli conferiti alla mensa agenti dell’istituto penitenziario». Per il presunto episodio dei panini per la festa in piazza risultano indagati sia il sindaco Lostumbo che il vicesindaco Carmine Franco.

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La richiesta di misure cautelari per l’inchiesta Open Gates dedica un capitolo alle «indebite appropriazioni di generi alimentari destinati alla “mensa agenti”». I magistrati parlano di «un vero e proprio sistema» attraverso il quale un gruppo di agenti si sarebbe rifornito di generi alimentari destinati alla mensa che «venivano successivamente distribuiti da Alimondi» a chi ne faceva richiesta. Si trattava sempre di agenti in servizio nel carcere o di altri addetti: il resto «veniva trattenuto» dallo stesso poliziotto penitenziario «per sé o per i propri familiari» o, addirittura, ceduto ad altre persone per la vendita. Un piccolo supermarket a spese dello Stato, secondo l’ipotesi dell’accusa.

Le conversazioni sono piuttosto esplicite. Alimondi chiama un collega: «Ascolta, mo’ io entro, ti prendo la frutta, carico tutto ed esco, poi ci vediamo sotto la garitta». Il collega ha qualche dubbio perché è in malattia ma viene tranquillizzato: «Ti avviso io in quel modo, ora vado e me la carico e poi ti dico: magari vieni e ci vediamo là al solito posto, non ti preoccupare». Quel riferimento a un «solito posto» fa pensare ai pm che ci sia «una prassi consolidata in virtù della quale gli interlocutori si incontravano furtivamente all’interno del carcere per effettuare “lo scambio” delle merci».

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Era Alimondi, secondo i pm, a interessarsi «in prima persona della gestione dei generi alimentari prelevati dalla mensa agenti». Nel maggio 2022 dispone «di conservagli la frutta buona e la pasta… se c’è la pasta o il pane… che passo il pomeriggio e me le prendo». In un’altra circostanza si accorda per mettere da parte un po’ di «roba buona». Il suo interlocutore «dice che ci sono tre casse di mele e il pane… e gli gnocchi che però non gli interessano». L’agente dimostra di avere un controllo totale sulla mensa: quando gli viene riferito che «ci sono sei, sette sacchi di pane, un sacco di verdura, mele e kiwi» mentre «pasta non ce n’è». Alimondi non si fa tanti problemi e chiede di prendere «tutto».

Gli investigatori monitorano i movimenti in uscita da quello che pare ormai un supermarket a disposizione dell’agente. Fermano una Land Rover blu che fa la spola tra il carcere e Magisano. L’auto trasporta generi alimentari e a bordo ci sono due fratelli che spiegano di aver caricato i generi alimentari nella casa circondariale, «dove “un agente penitenziario, Rosario Alimondi”, loro concittadino, glieli aveva consegnati quali prodotti di scarto “per darli ai maiali”». L’annotazione dei carabinieri dà una versione diversa: alla loro vista non si trattava di prodotti di scarto, sembrava tutto «in ottimo stato di conservazione». Uno dei due fratelli fermati chiama Alimondi che non si scompone: «Sicuramente l’hanno visto in quel modo con quel telo (quello usato per coprire il cibo trasportato, ndr) e hanno pensato che andavi a fare un attentato».

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Anche all’interno iniziano a serpeggiare sospetti. Una collega dice ad Alimondi che un’altra guardia penitenziaria si è arrabbiata: «Mi ha detto: “Io voglio sapere”… E poi vi vedono uscire con buste e bustarelle». L’agente risponde piccato: «Vedi tu, mo’ non posso portare niente…». E allude al fatto che non sarebbe l’unico a comportarsi così: «In loco chine po’ mangiare… mangia».

In effetti le richiesta non mancano: c’è chi esagera un po’ e chiede olio, riso e pomodori. Alimondi risponde divertito: «Che mi ha preso, per un supermercato?». In mensa, però, le dispense si svuotano e i colleghi si lamentano: «Gli ha lasciato poca salsiccia, pochi wurstel», spiega l’agente mentre «loro avrebbero dovuto cucinare per tante persone». Questo, per chi conduce le indagini dimostrerebbe «il coinvolgimento anche di altre persone che lavorano nella Casa circondariale nel sistema di appropriazione del cibo». Un giorno nella mensa agenti mancava praticamente tutto. La collega con cui Alimondi parla più spesso ne sa qualcosa: «Mancavano anche le cipolle, perché me le sono prese e me le sono portate tutte io, Rosario. Nemmeno le cipolle gli ho lasciato, me le sono portate tutte io sabato». La risposta è un manifesto: «Ti sei portata tutto? Hai fatto bene!». D’altra parte, per dirla sempre con Alimondi, chi può mangiare mangia.