Due calabresi rifornivano di droga i picciotti del quartiere Brancaccio di Palermo. È quanto emerge dall'inchiesta della procura antimafia del capoluogo siciliano che questa mattina ha portato all'arresto di 31 persone, 29 delle quali finire in carcere e due ai domiciliari.

Si tratta dei fratelli Giuseppe e Pietro Parisi, di 45 e 42 anni, originari della Locride. Secondo quanto ricostruito da polizia e carabinieri, che hanno condotto le indagini, la collaborazione tra i palermitani e i calabresi sarebbe iniziata il 25 marzo del 2019. Le condizioni dello scambio sarebbero state imposte dai due Parisi che, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, avrebbero detto in modo chiaro ai palermitani che la droga dovevano andare a prendersela nella Locride. Una precauzione che non sembre servita a molto, dato che gli inquirenti stavano già investigando sulla cosca di Brancaccio e i siciliani coinvolti nel traffico avevano i telefoni sotto controllo.

In questo modo gli investigatori avevano captato la fase preliminare del primo affare, e poi via via quello degli altri avvenuti sulle due sponde dello stretto, quando i presunti componenti del clan del quartiere Brancaccio avevano deciso di rifornirsi di droga in Calabria iniziando la raccolta dei soldi per effettuare l'acquisto: «Tu quanto riesci a raccogliere bene o male?» registrano gli inquirenti nell'ordinanza intercettando uno degli indagati, «Boh! Qualche quindicimila euro li raccogliamo noi» risponde l'interlocutore.

Seguendo quei dialoghi, le forze di polizia sono arrivati a monitorare l'incontro avvenuto a Palermo tra i siciliani e Giuseppe e Pietro Parisi nel quale, secondo quando ricostruito dagli investigatori, si sarebbe pattuito prezzo, data e modalità della consegna. Incontro che sarebbe avvenuto il 21 marzo 2019, giorno in cui gli investigatori appuntarono l'arrivo dei calabresi a Palermo e individuarono i due Parisi quali soggetti che avrebbero dovuto vendere la droga ai siciliani. I siciliani avrebbero studiato anche un piano per passare indenni a eventuali controlli agli imbarcaderi a Messina: «Una volta che la scende noialtri traghettiamo prima e ci ci mettiamo da questa parte in mezzo...se lui ci dà il via libera gli diamo lo star bene e passa».

Dalle successive intercettazioni, i militari dell'Arma e i poliziotti scoprirono che l'acquisto era stato fissato per il 25 marzo 2019 e che i calabresi avrebbero fornito ai palermitani anche un telefono "pulito" con quale comunicare ed eludere eventuali intercettazioni. Le due auto dei siciliani, quel giorno, partono alla volta della Calabria. «Le due autovetture - si legge nell'ordinanza - vengono seguite sino all'arrivo a Messina da dove, in orari diversi, si imbarcano sul traghetto raggiungendo Villa San Giovanni per poi immettersi sulla statale 106» in direzione Locride.

«Per motivi di opportunità investigativa, la polizia giudiziaria attende il loro ritorno a Villa San Giovanni; in effetti, alle 18.40 le due autovetture...riprendono il traghetto e raggiungono Messina alle ore 19.00. Da Messina le stesse persone del viaggio di andata proseguono la loro marcia imboccando l'autostrada in direzione Palermo. Alle 20.55, giunti al casello autostradale di Buonfornello, la polizia giudiziaria procedeva al controllo» di una delle macchine, all'interno della quale gli investigatori scoprono nel vano motore due panetti di droga: uno di 820 grammi di eroina e uno di più di 1 chilo di cocaina.

L'arresto dei corriere e la perdita della droga non preoccupano più di tanto l'organizzazione che, due giorni dopo del blitz della polizia giudiziaria in autostrada, è già all'opera per progettare un nuovo viaggio in Calabria per un altro carico.

Il secondo viaggio in Calabria sarebbe avvenuto il 6 aprile 2019 per il pagamento dei fornitori calabresi» scrivono gli inquirenti, il terzo il 20 aprile che gli inquirenti monitorano senza intervenire. Il 3 maggio, però, la polizia di Messina ferma un indagato con un carico di eroina e viene arrestato. Neanche quest'ultimo problema, però, avrebbe interrotto il flusso di droga che dalla Calabria arriva a Palermo.

«A distanza di quache mese dagli eventi supra descritti - si legge a conferma sull'ordinanza - a conferma della continuità della collaborazione tra palermitani e calabresi, si registrano altri due altri episodi di presenza dei fornitori calabresi a Palermo nonché di rifornimento di sostanza stupefacente dagli stessi». Le piazze di spaccio di Palermo non potevano rimanere senza droga e un arresto non era altro che un intoppo che poteva essere superato inviando un altro corriere.