Nell'inchiesta sugli autovelox non omologati in provincia di Cosenza e in tutta Italia, sono indagate sei persone. Gli accertamenti investigativi posti in essere dalla polizia stradale di Cosenza, con il coordinamento del pubblico ministero Antonio Bruno Tridico, hanno evidenziato presunte irregolarità sull'utilizzo del rilevatore della velocità denominato "T-Exspeed V.2.0", nonché di tutti gli apparecchi di rilevamento della velocità prodotti dalla Kria Srl e commercializzati dalla LaBconsulenze, utilizzati, come si legge nel provvedimento di sequestro del gip di Cosenza Alfredo Cosenza, dai comuni di Arcola, Roseto Capo Spulico, San Lucido, Belvedere Marittimo, Fuscaldo, Piadena Drizzona, Carlentini, Francofonte, Formigine, Pomarico, Pianezza, Cerignola, Reggio Emilia e Venezia.

Nel registro degli indagati figurano i nomi di Marco Coscarella, Enzo D'Antona, Stefano Arrighetti, Davide Luvini, Riccardo Sambuceti e Alessandro Mavellia. Diciassette sono invece i capi d'imputazione. Tra i reati contestati c'è anche il falso.

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Due sequestri in un anno

Come abbiamo scritto in altri servizi, l'inchiesta nasce sostanzialmente un anno fa quando l'ufficio gip di Cosenza emise lo stesso provvedimento di sequestro revocato poco dopo dal tribunale del Riesame di Cosenza (sezione Misure reali). Da quel giorno, nessuno passo in avanti nella vicenda giudiziaria salvo scoprire, a fine luglio, che la procura di Cosenza aveva proseguito nelle indagini, evidenziando nelle richieste formulate al gip Alfredo Cosenza, una sentenza della Cassazione, seconda sezione civile, depositata il 18 aprile 2024. Sentenza che, inevitabilmente, ha sparigliato le carte. Il duello (giuridico s'intende) si gioca su due parole: approvazione ed omologazione. Ma facciamo un passo indietro e vediamo nel dettaglio cosa hanno scritto gli ermellini nel ricorso presentato a suo tempo dal comune di Treviso.

Autovelox non omologati, per chi pende la bilancia

Il Comune di Treviso aveva presentato un ricorso per Cassazione contro la sentenza del Tribunale civile di Treviso, la quale aveva annullato un verbale di accertamento per eccesso di velocità. La questione ruotava attorno alla validità dell'utilizzo di un autovelox non omologato.

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Il verbale di accertamento contestava a un uomo trevigiano la violazione del limite di velocità di 90 km/h, registrata dalla Polizia Locale di Treviso tramite un'autovelox. Il conducente si era opposto al verbale, sostenendo che l'apparecchio non era omologato come previsto dalla legge. Il Giudice di Pace di Treviso aveva accolto l'opposizione e tale decisione successivamente veniva confermata dal Tribunale di Treviso.

Nel ricorso, il Comune di Treviso argomentava che la sentenza impugnata aveva erroneamente distinto tra "approvazione" e "omologazione" degli strumenti di rilevazione della velocità. Secondo il Comune, l'approvazione dell'apparecchio avrebbe dovuto essere considerata sufficiente per la sua legittimità.

Il Comune di Treviso sosteneva che l'art. 142, comma 6, del Codice della Strada, che richiede l'omologazione, non specifica chiaramente i criteri di tale procedura. Il Comune aveva citato varie norme e circolari ministeriali, affermando che queste prevedono l'equivalenza tra approvazione e omologazione.

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Circolari ministeriali bocciate

La Corte di Cassazione aveva respinto il ricorso, confermando la distinzione tra le due procedure. La sentenza infatti ha chiarito che la norma primaria (art. 142, comma 6, c.d.s.) richiede espressamente l'omologazione degli apparecchi di rilevazione della velocità, la quale ha una natura sia amministrativa che tecnica. Questo processo garantisce la perfetta funzionalità e precisione degli strumenti utilizzati, condizioni indispensabili per la validità degli accertamenti.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che le circolari ministeriali non possono derogare alle norme di legge primarie. Di conseguenza, l'approvazione non può essere considerata equivalente all'omologazione.