«Il distretto di Catanzaro e la Corte in particolare hanno conseguito eccellenti risultati nel periodo più buio della pandemia essendo questa Corte risultata la più produttiva del Paese ed essendo stato mantenuto elevato nel distretto il livello di aggressione giudiziaria al fenomeno criminale di maggiore rilevanza, quello della 'ndrangheta». Così il presidente vicario della Corte d'Appello di Catanzaro Gabriella Reillo ha illustrato nella cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario le attività svolte nel periodo della pandemia e le sfide che attendono con i finanziamenti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dopo due anni lontano da Catanzaro la cerimonia quest'anno ha fatto ritorno nella sua storica sede della Corte d'Appello.

Settore civile

Nel settore civile l'andamento dei diversi uffici viene valutato come soddisfacente: «Il distretto ha consistentemente migliorato la produttività - scrive nella relazione il presidente vicario - che ha portato a una diminuzione della pendenze in tutti gli uffici con punte del 36% in meno nel Tribunale di Crotone. La Corte d'Appello sebbene l'indice di claerence rate sia, da ultimo, pari ad 1 ha sofferto nello scorso anno una battuta d'arresto rispetto alla buona performance mantenuta durante la pandemia. Dai dati ministeriali risulta infatti che la Corte nel settore civile registra una aumento delle pendenze nella misura del 2,7% mentre i tribunali del distretto hanno buone e talvolta ottime percentuali di evasione dell'arretrato».

Penale

Nel settore penale invece l'attività è stata incentrata un maniera preponderante sui procedimenti di competenza della direzione distrettuale antimafia. «Tale situazione - annota il presidente - si pone in rapporto di diretta ed immediata correlazione con il fenomeno della presenza e proliferazione sul territorio di forme complesse di criminalità organizzata, in taluni casi anche connessi a traffici illeciti a carattere nazionale ed internazionale di droga di rilevanti proporzioni. Sul punto sono dettagliata le indicazioni del procuratore distrettuale che rileva come la 'ndrangheta operante nel territorio di Catanzaro è direttamente interessata alle dinamiche di gruppi criminali operanti al nord Italia che costituiscono proiezione delle cosche di origine e con cui, pure in presenza di una autonomia operativa mantengono salde relazioni. Così sono risultati vari e rilevanti i collegamenti della ndrangheta del Vibonese e del Basso Ionio catanzarese con Lazio e Lombardia; di quella del Crotonese e del Lametino con Lombardia, Emilia e Veneto». 

In controtendenza con il dato nazionale presso gli uffici di Procura della Repubblica del distretto si registra l'aumento del numero di sopravvenienza cui corrisponde una buona risposta in termini di capacità definitoria, superiore rispetto alle iscrizioni. La Procura di Vibo Valentia presenta una elevatissima produttività - seconda solo a quella di Catanzaro - nonostante l'elevata scopertura di organico in rapporto alla forte presenza 'ndranghetista sul territorio ed alla circostanza che la provincia di Vibo risulta essere quella con il più alto tasso di crimini violenti di tutto il territorio nazionale. Il dato purtroppo si invera nell'avvenuta commissione nello scorso anno in quel circondario di 17 reati di omicidio, consumato o tentato.

Sempre nel territorio di Vibo si registra il maggior numero di procedimenti per truffa e violazione della normativa sul reddito di cittadinanza, nei confronti di diversi soggetti, anche pregiudicati di mafia, che hanno condotto a sequestro delle somme indebitamente percepite. «È degna di nota - conferma il presidente vicario nella sua relazione - l'attività svolta in materia ambientale a tutela delle acque, che ha condotto al sequestro di aree e stabilimenti industriali». 

Pnrr

«Gli obiettivi sono il frutto di un confronto avutosi tra la commissione Europea ed il governo italiano ed hanno il grave deficit di non aver coinvolto in alcun modo negli uffici giudiziari, nella boccatura per partire da un quadro della situazione da uno studio di fattibilità». Così poi nel capitolo dedicato agli investimenti previsti nel Pnrr. «Per senso istituzionale e dovere di collaborazione questi obiettivi sono diventati i nostri obiettivi, e cercheremo di utilizzare nel modo migliore possibile gli strumenti che ci vengono dati ma non va dimenticato che questa non è stata una scelta della magistratura è che il complesso degli interventi normativi, organizzative e finanziari poteva essere molto più coraggioso. Non si è inciso sulla governance tuttora solo centralizzata nel ministero della giustizia e in particolare nel Csm sicché i nostri uffici giudiziari avvertono una evidente lontananza dal centro, Al di là degli apprezzabili ma insufficienti i tentativi di creare canali di comunicazione e condivisione. Si è rinunciato a beneficiare dell'apporto, delle capacità e delle intelligenze degli uffici giudiziari e dell'avvocatura e più in generale dei territori. Inoltre non è chiaro quale sarà il percorso della digitalizzazione dei nostri sistemi». 

Riforma della giustizia

«Quanto alle riforme, ancora una volta, come puntualmente accade dagli anni '90 la massima attenzione è stata rivolta al processo e alla modifica delle regole che lo disciplinano, con polemiche a volte aspre su singoli aspetti, dimenticando che negli ultimi 10 anni si sono avuti quasi 20 interventi sulla normativa processuale sia nel settore penale sia in quello civile di cui almeno due classificate come grandi riforme». L'intervento del presidente vicario si è concentrato sulla recente riforma della giustizia: «Purtroppo quanto manca alla politica sulla giustizia è una cultura di sistema che parta da dati concreti, rilevati sul territorio che si faccia carico di effettuare proiezioni di fattibilità, rispetto agli organi genitali dalle dotazioni nonché alle conseguibilità degli obiettivi enunciati. Invece assistiamo a una affastellarsi di riforme che si susseguono senza che prima vengano verificati gli effetti della riforma precedente, nel proseguimento di meri effetti propagandistici. Le riforme procedurali vengono rappresentate come quelle più incisive determinanti per abbreviare i tempi di definizione dei procedimenti ed assicurare un più equo contraddittorio. Ma se andiamo a vedere in concreto il rito non è risolutivo come intuitivo e il resto evidente da quanto accaduto in questi anni e dalle fortissime differenze di performance a livello territoriale oppure un'applicazione del medesimo rito in tutto il paese».

Sulla riforma Cartabia ha poi aggiunto: «Sembra non ci si renda conto che i tempi processuali non sono ritardati da termini eccessivamente lunghi bensì dall'eccessivo carico giudiziario che si abbatte sulle procure e sui tribunali dalla endemiche rilevanti scoperture degli organici, dal collo di bottiglia che si verifica nelle Corti d'Appello quanto sopravvivenza e risorse per la loro evasione».

Il presidente vicario sempre esaminando la riforma Cartabia ha aggiunto: «Nel settore penale la riduzione dei tempi per le indagini preliminari si scontra da un lato con elevato numero di fattispecie penali - di cui buona parte di scarsa gravità - che unitamente al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale scaricano sulle scrivanie del PM e centinaia di procedimenti al giorno; dall'altro con la complessità e gravità di vari reati che spesso a prescindere dalla loro natura necessitano di accertamenti istruttori specialistici e approfonditi punto ancora con la previsione dell'improcedibilità in appello - istituto anch'esso fondato sulla riduzione dei termini - il legislatore ha riversato sulle spalle della magistratura la propria pavidità non avendo avuto il coraggio di prevedere una serie di depenalizzazioni atteso il dilagante populismo giustizialista. Con la conseguenza che l'improcedibilità si risolverà in una amnistia generalizzata e per tutti i reati, anche quelli più gravi, qualora dovesse attribuirsi alla norma natura sostanziale alla stregua dei precedenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità costituzionale».

«Siamo bravi ma doversi arrangiare è intollerabile»

La parola è poi passata al Procuratore generale, Giuseppe Lucantonio che sulla produttività del distretto ha detto: «Siamo stati bravi abbiamo prodotto più di quanto potevamo e soprattutto abbiamo dato riprova che siamo capaci di arrangiarci anche in situazioni impossibili. L'unico appunto da fare è la rassegnazione a doversi arrangiare che è una cosa intollerabile».

Ulteriore passaggio il procuratore generale lo ha fatto sulla soppressione della sede della procura europea a Catanzaro: «Catanzaro è stata messa sotto l'egida della procura perché forse a Roma è più facile arrivare perché si va in aereo. Ma se noi da anni evidenziamo questi problemi logistici e delle scoperture, abbiamo difficoltà nel turnover allora sono due le considerazioni: o questa procura non serviva a niente oppure potranno essere soppresse perché non ci sono domande anche altre sedi giudiziarie perché ci sono poche domande di aspiranti legittimati o perché non ce ne sono perché tutti quanti se ne scappano».