Omologa revocata, procedura fallimentare partita e, per non farsi mancare proprio niente, carte in Procura per verificare eventuali illeciti: ora, sulla morte della Reggina 1914, c’è anche il sigillo della Corte d’appello di Reggio che, in 16 paginette, scrive la parola fine sulla squadra amaranto, “ostaggio” di Luca Gallo prima e di Felice Saladini dopo.

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Una sentenza di “morte” che ripercorre gli ultimi anni di gestioni dissennate da parte dei patron amaranto che si sono succeduti alla guida della società dello Stretto e che, nero su bianco, inchioda i vertici federali alla decisione di escludere la Reggina dal campionato di serie B: è stata la mancata iscrizione al campionato infatti a fare saltare definitivamente un banco che si teneva in piedi con il vento a favore (così come la quasi totalità delle squadre professionistiche del pallone italiano, tutte, o quasi, sommerse dai debiti). «È emerso – scrivono i giudici nella sentenza che dispone la liquidazione della società e che, revocando l’omologa stabilita in primo grado dal tribunale reggino, ha contestualmente respinto il ricorso del Brescia – che a seguito della sentenza del Consiglio di Stato del 30/08/2023 è stata definitivamente esclusa l’iscrizione della Reggina 1914 al campionato di serie B per la stagione 2023/24. Tale circostanza comporta il venire meno del presupposto fondamentale sulla base del quale è stato predisposto il piano economico finanziario».

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Caduta la possibilità di giocare in campionato, come in un domino triste, cadono anche tutte le possibili entrate che lo stesso club aveva messo sul piatto per risanare la propria situazione debitoria: «Il piano – si legge – ha previsto ricavi derivanti da sponsorizzazioni, diritti televisivi e contributi della Lega Nazionale, contributi Figc, dalla vendita di biglietti nonché dalla cessione di giocatori delle giovanili. Essendo venuta meno la partecipazione al campionato di serie B, il piano economico finanziario è divenuto insostenibile, non essendo più plausibili le previsioni circa le entrate e gli incassi attesi».

Se nel mondo reale, in primo grado, a giugno, il tribunale accorda l’omologa confidando nella continuità aziendale, nel mondo pallonaro di Federazione e Lega, l’omologa non è definitiva quindi non ci può essere quella continuità aziendale che avrebbe dato seguito all’omologa stessa. Come un cane che si morde la coda: «Pertanto – scrivono ancora i giudici – essendo venuto meno il presupposto cardine dell’omologazione, i reclami devono trovare accoglimento, con conseguente revoca dell’omologazione degli accordi di ristrutturazione e delle transazioni sui crediti tributari e contributivi».

La Corte d'Appello, inoltre, evidenzia anomalie nei titoli finanziari presentati da Felice Saladini al momento di richiedere al Tribunale di primo grado l'accesso all'omologa del 5%. Vi sarebbe, infatti, scrivono i giudici d'Appello, «difformità tra il codice Isin (il codice internazionale che identifica gli strumenti finanziari, ndr) riportato nella relazione integrativa dell'attestatore e il codice Isin riportato nella dichiarazione di veridicità a firma del notaio Becchetti», professionista che ha negato di avere mai sottoscritto la dichiarazione predetta.