La Corte di Cassazione ha annullato la confisca dei beni per 1,2 milioni di euro nei confronti di Giorgio Galiano disponendo che la Corte d'Appello si pronunci nuovamente sul caso. La vicenda trae origine da un decreto di confisca, eseguito in Calabria e in Piemonte, avente ad oggetto beni immobili e mobili, aziende e disponibilità finanziarie asseritamente riconducibili a Giorgio Galiano, già condannato per associazione mafiosa nell’ambito del procedimento penale denominato Perseo. Galiano, secondo gli inquirenti, era affiliato alla cosca di ‘ndrangheta lametina Cerra-Torcasio-Gualtieri e successivamente - dopo aver subito anche un attentato – si sarebbe avvicinato alla cosca Giampà, sino a farne parte a tutti gli effetti.

Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Catanzaro, era stato da subito avversato dalle difese dell'indagato e dei terzi interessati, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Antonio Larussa, Francesco Gambardella e Francesco Iacopino. In particolare, i difensori avevano allegato circostanze incompatibili con la ricostruzione accusatoria e depositato anche corpose consulenze tecniche tese a dimostrare la lecita provenienza dei beni e delle disponibilità finanziarie e l’erroneo calcolo della sperequazione patrimoniale sostenuta dall’accusa.

Già nelle fasi di merito le deduzioni difensive avevano sortito ampi esiti liberatori, con restituzione di terreni e vari fabbricati, sia in Calabria che in Piemonte. Nondimeno, uno spazio applicativo della confisca, seppure avversato dai difensori, reggeva in primo e in secondo grado. Una doppia conforme che, però, non ha convinto la quinta sezione penale della Suprema Corte.

I giudici di legittimità hanno dato totalmente ragione ai difensori, annullando con rinvio il decreto della corte territoriale. Tutto da rifare, dunque. Si attende ora l’esito del nuovo giudizio di appello.