VIDEO | Il cortometraggio realizzato dal regista romano per conto della Regione è stato accolto da giudizi trancianti a causa di un racconto zeppo di stereotipi e scarso di contenuti (ASCOLTA L'AUDIO)
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Una Calabria con la coppola, che ancora si muove a dorso di mulo. Una Calabria che infila i pollici sotto le bretelle e sorride beffarda seduta nella piazza del paese, dondolandosi sulle gambe della sedia. Una Calabria che incredibilmente ha l’accento siciliano e sembra uscita dal Padrino di Francis Ford Coppola.
Una Calabria che sa fare una sola cosa: coltivare agrumi, mangiare agrumi, amoreggiare con gli agrumi. E poi di altro c’è solo il mare. Di un verde quasi flou, così alieno che sull’orizzonte non stonerebbero due lune e un pianeta con gli anelli. Tutto il resto - l’archeologia, l’arte, la risorsa montana – non c’è, anche se per certi versi sono elementi impliciti nei 6 minuti scarsi di video.
La Calabria che emerge dal corto di Gabriele Muccino, commissionato dalla Regione per un costo di 1,7 milioni di euro, esiste ormai solo negli stereotipi che cominciarono a cristallizzarsi nel XVIII secolo con il Grand Tour, l’avventuroso viaggio che i ricchi rampolli dell’aristocrazia europea intraprendevano per conoscere l’Italia antica e poverissima che li attendeva da Roma in giù, carica di testimonianze di un passato millenario e di suggestioni esotiche così lontane dal freddo Nordeuropa dal quale provenivano.
Il corto era rimasto inedito sino a ieri sera, quando il consigliere regionale Gianluca Gallo lo ha pubblicato sul suo profilo Facebook, decidendo così di rompere l’embargo che la stessa Regione aveva imposto dopo la presentazione in anteprima al Festival del cinema di Roma, forse in attesa di una presentazione ufficiale anche in Calabria. In pochissimi, dunque, l’avevano visto. Ora il video sta rimbalzando da un profilo social all’altro, raccogliendo soprattutto critiche. La principale è proprio in questa immagine stereotipata e antica che si offre della regione, con un baricentro narrativo concentrato sulla risorsa agricola e, in particolare, sulla coltivazione degli agrumi: arance, clementine e bergamotto.
Il filo conduttore lungo il quale si dipana il corto è rappresentato dalla storia d’amore (vera) tra i due protagonisti: Raul Bova e la sua compagna Rocío Muñoz Morales, modella e conduttrice spagnola alla quale è legato dal 2011 e con la quale ha avuto due figli. Lui la conduce a vedere i luoghi della sua infanzia (Raul Bova è di origini calabresi) a bordo di un fuoristrada decappottabile: «Dove vuoi che ti porto? Mare, montagna?», le chiede all’inizio del video mentre il vento scompiglia ad entrambi i capelli e si porta via pure il congiuntivo.
«Uguale», risponde lei. Sarà, ma alla fine è al mare che vanno. Non prima però di aver incontrato gli amici rimasti al paesello (quelli con la coppola seduti in piazza in pieno giorno, evidentemente senza altro da fare), di aver mangiato sotto la pergola di una trattoria e aver scorrazzato tra i filari di aranci e clementine. In sottofondo forse la cosa più bella di tutto il corto: la musica di Paolo Buonvino, compositore siciliano che da sempre collabora con Muccino.
Il tema musicale è quello che resta più impresso a chi guarda il video, anche se inevitabilmente esalta ancora di più nello spettatore l’impressione di trovarsi in Sicilia e non certo in Calabria, con un ritmo da marcetta buffa che riporta alla mente le colonne sonore dei film con Alberto Sordi, a cominciare dal Mafioso di Alberto Lauttada. Ma la stessa musica si adatterebbe a qualunque altra commedia all’italiana prodotta tra gli anni ‘60 e ’70.
È proprio questo rimando a un passato che non c’è più - purtroppo o per fortuna - che gli utenti sui social rimproverano al corto commissionato dalla Regione e realizzato dal regista dell’Ultimo bacio. Immagini, suoni e sensazioni che forse faranno presa su turisti stranieri maturi e alla ricerca di quel “pittoresco” che all’estero ancora oggi finisce inevitabilmente per coincidere con “Italia? pizza mafia e mandolino”.
degirolamo@lactv.it