Montagne di coca, di soldi e potere. Il mercato del traffico di droga ha numeri imponenti che garantiscono a chi lo gestisce introiti da capogiro. Negli ultimi 40 anni, il peso specifico della ‘ndrangheta nel narcotraffico è cresciuto in maniera esponenziale tanto da diventare il giocatore che dà le carte nello scacchiere internazionale. E in questi traffici continua ad avere un ruolo centrale il porto di Gioia Tauro, hub naturale per i clan calabresi. Di questo si è occupata l'ultima puntata di Mammasantissima - Processo alla 'ndrangheta, la trasmissione condotta da Pietro Comito in onda ogni martedì su LaC Tv. 

Per circa un decennio il grande scalo port gioiese è stato l’accesso usato dalla ‘ndrangheta, in via quasi esclusiva, per importare imponenti quantitativi di cocaina in Italia. Nel 2020, infatti, i sequestri operati nel grande terminal calabrese rappresentavano l’80% di quelli totali effettuati in Italia.

Leggi anche

Numeri che danno l’idea della grande quantità di denaro a disposizione dalle cosche calabresi per inquinare l’economia sana del vecchio continente.

Il lavoro svolto in questi 10 anni dalla guardia di finanza e dall’agenzia delle dogane nel porto di Gioia Tauro ha permesso di porre un freno alle importazioni imponendo alla ‘ndrangheta di spostare i propri traffici verso altri porti d’Italia e d’Europa.

La fase repressiva, però, costituisce solo la parte conclusiva di un difficile lavoro di intelligence che, nel corso degli anni, è andato via via affinandosi.

Siamo entrati nel grande terminal portuale per documentare dall’interno, con immagini e voci, le metodologie di contrasto alla ‘ndrangheta e al traffico di droga da parte delle forze di polizia.

Il sole è già alto quando il box scaricato dalla portacontainer arriva nel piazzale di controllo del porto di Gioia Tauro. Finanzieri e uomini dell'agenzia delle dogane si muovono rapidamente per controllare i documenti di carico prima di iniziare l'ispezione. Un militare delle Fiamme gialle con tronchese in mano taglia il sigillo e i portelloni del container si aprono. È una normale giornata di lavoro per i finanzieri nel grande scalo portuale calabrese. Un lavoro incessante che non conosce soste.

I controlli nel porto sono importanti, ma lo sono anche le indagini sul territorio da parte delle forze di polizia. Negli ultimi anni diverse inchieste hanno dimostrato, anche grazie a sequestri record, che il lavoro di repressione fuori dal terminal è fondamentale nel contrasto al narcotraffico.  

Il traffico internazionale di droga, come già detto, frutta ai clan miliardi di euro all'anno: «Il vero problema della ‘ndrangheta oggi non è come fare soldi, ma è dove investire tutti i soldi che ha fatto». Salvatore Curcio, oggi procuratore capo di Lamezia Terme, è uno dei più importanti conoscitori dei sistemi che regolano il mondo del narcotraffico in ambito internazionale e può spiegare come questo mondo si evoluto nel tempo.

Quando era sostituto procuratore antimafia di Catanzaro, è stato tra i più importanti cacciatori di narcotrafficanti al mondo: al suo ingegno si deve una delle operazioni antidroga di tutti i tempi, Decollo, nella quale per la prima volta fu utilizzato un infiltrato civile per scompaginare una rete criminale transnazionale, Bruno Fuduli. I broker a cui dava la caccia: Natale Scali o Vincenzo Barbieri, nell’epoca di Bebé Pannunzi o Rocco Morabito detto il Tamunga, oggi di fatto hanno ceduto il passo ai nuovi broker. Gente, per esempio, come i fratelli Costantino, in affari con gli eredi del più potente e pericoloso signore della droga nella storia: Pablo Escobar Gaviria.

L'intervista al procuratore di Lamezia Salvatore Curcio:

Visita la sezione dedicata per ascoltare tutti i podcast di Mammasantissima - Processo alla 'ndrangheta. Tutte le puntate sono invece disponibili su LaC Play.