L’ombra di Giorgio Almirante scatena il delirio al Comune di Vibo Valentia. Pugni sul tavolo, urla, “minacce” di querele, chiamate alla Polizia municipale per richieste di allontanamenti. C’è di tutto in quella che sembrava una tranquilla seduta della commissione Urbanistica con all’ordine del giorno la toponomastica.

 

Ma non tutti i nomi sono uguali. La tensione inizia a salire quando la presidente Carmen Corrado tira fuori una vecchia pratica, depositata da anni al protocollo e nei cassetti degli uffici. La ricorda il capogruppo di Fratelli d’Italia Antonio Schiavello, precisando che si tratta di una proposta avanzata dal movimento Riva destra. Riguarda la richiesta di intitolare una via al padre del Movimento sociale italiano Giorgio Almirante. Appena salta fuori il nome, dai banchi dell’opposizione Loredana Pilegi inizia a storcere il naso. Prende la parola, motiva la sua contrarietà: «Capisco l’esigenza di individuare personalità importanti del panorama nazionale cui intitolare alcune vie della città. Ma vorrei ricordare che neanche nella fase “democratica” della sua carriera politica, Almirante ha mai rinnegato la firma apposta in tempi fascisti al manifesto sulla razza. Ed io sarò sempre contrarissima alla sua intitolazione». Un intervento di taglio politico che trova sponda in Domenico Santoro: «In un periodo in cui in tutto il mondo si manifesta contro i fascismi, voi volete prendervi la responsabilità di intitolare una via ad Almirante?». Fin qui tutto relativamente liscio, anche se tra i banchi della maggioranza iniziano a rumoreggiare.

 

Santoro solleva poi una questione tecnica: chi è il promotore in commissione di questa proposta? Con Schiavello che si chiama fuori, ribadendo che è una richiesta di un cittadino, si fa avanti Pietro Comito, consigliere di opposizione a questa maggioranza di centrodestra ma da sempre esponente di punta della destra vibonese: «Non ho nessun problema a farla mia - è il commento di Comito - perché ritengo che Almirante abbia tutti i requisiti meritevoli di accoglimento. Resterà sempre una parte importante della destra italiana». Serve a poco il “rilancio” del consigliere Marco Miceli, che per bilanciare propone Enrico Berlinguer per un’altra via.

 

L’aria diventa incandescente al momento del voto. La Corrado chiama l’appello, si va per voto nominale. Si esprimono i primi favorevoli: oltre alla stessa Corrado, Stefania Ursida. Ma non si riesce ad andare avanti, l’appello si interrompe. La Pilegi contesta l’apertura della votazione, esce ed entra dall’aula. Santoro si alza in piedi, prende il microfono e inizia ad urlare senza esitazione: «Vergognatevi, questo è un agguato in puro stile fascista! Non c’era scritto da nessuna parte che oggi avremmo dovuto votare questa proposta». Dall’altra sponda perde le staffe Schiavello: «Come vi permettete a darci dei fascisti! Vi denuncio tutti, sto chiamando i carabinieri. Non potete interrompere una votazione». Lo scontro diventa di fuoco con pugni sul tavolo e urla bipartisan, vene del collo al limite dell’esplosione. Alle 13.04 la seduta viene sospesa essendo di fatto ingestibile, mentre molti consiglieri di maggioranza si dileguano evidentemente per evitare di passare come “complici” di una proposta che forse non condividono. (Avrebbero potuto votare contro, ma sarebbe stato chiedere troppo...).

 

Alle 13.12 la seduta riprende, ma Miceli e Pilegi chiedono la verifica del numero legale. Che non c’è. In aula restano Schiavello, Lorenzo Lombardo e Nico Console. Schiavello non si dà pace: «Voglio che si metta a verbale tutto quello che è successo, relazionerò al presidente del consiglio affinché prenda provvedimenti nei confronti di chi si è arrogato il diritto di interrompere una votazione. Chi non è d’accordo voti contro, non calpesti il diritto di chi legittimamente vuole votare. Questa storia finirà in tribunale...». Di sicuro resterà nelle pagine della politica cittadina, e non certo tra le più edificanti.