L’acceso confronto innescato dal sindaco di Catanzaro che ha rivendicato per la città capoluogo il nome dello scalo lametino rivela un provincialismo che condanna la nostra regione alla marginalità
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“International Airport Calabria”. E se lo chiamassimo così? Rinunciando alla tensione campanilistica in nome di una nuova visione che finalmente ci descriva ai turisti come un popolo capace di offrire un unico, straordinario prodotto: la Calabria, appunto.
La polemica che in questi giorni è esplosa intorno alla proposta di Nicola Fiorita - professore universitario e sindaco di Catanzaro, che nel suo programma di governo (si è insediato da poco) ha avuto la simpatica idea di inserire il possibile cambio di nome per lo scalo aeroportuale di Lamezia, avanzando l’ipotesi di “Aeroporto di Lamezia Terme e Catanzaro” – dilaga sui social.
È tutto un giù le mani da Lamezia. Manco fossero guelfi e ghibellini. Una levata di scudi che prescinde da qualsiasi ponderata argomentazione e alberga principalmente nella difesa senza quartiere del… quartiere. Il proprio. Come se ipotizzare un cambio di nome per l’aeroporto di Lamezia, che preveda l’aggiunta nella dicitura del capoluogo di regione, fosse un’offesa irricevibile. Come se l’aeroporto di Fiumicino non si chiamasse “Roma Fiumicino” o quello di Malpensa non si chiamasse “Milano Malpensa”.
L’obiezione di quelli duri e puri, come il sindaco della città dell’aeroporto calabrese, Paolo Mascaro, è stata che si tratta «del campanilismo più bieco, che avrà la più ferma opposizione da parte della Città di Lamezia Terme e del suo comprensorio». Addirittura. Manco Fiorita avesse minacciato di invadere l’Ucrainalametina. Invece, quelli che dicono e non dicono, come il Pd per intenderci, la buttano sull’equivoco. «Fiorita non è stato capito - spiega il consigliere regionale Alecci – voleva solo auspicare una maggiore collaborazione tra i due territori comunali». Sì, certo. Ciao core.
Tranciante invece è stato il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che interpellato da LaC News24 ha detto che non gli importa una cippa di come si chiami l’aeroporto (d’altronde il suo campanile è a Cosenza): «Non mi interessa. Va bene pure aeroporto di Pippo e Topolino, io sono impegnato a pensare strategie per svilupparlo». Come dargli torto.
Anche se, a pensarci bene, “International Airport Goofy and Mickey Mouse” non sarebbe male, farebbe tanto “Benvenuti a Disneyland”. Turisti con la pala. E poco male se poi, una volta atterrati, gli unici brividi da montagne russe sarebbero quelli innescati delle buche che costellano le strade.
Insomma, calabresi, smettetela. Il mondo brucia tra riscaldamento globale e guerre, il gas che non c’è consuma comunque stipendi e futuro, siamo addirittura costretti a reclutare medici cubani perché qui nessuno ci vuol venire, e voi abboccate come tonni alla provocazione di un’anatra zoppa?
Ha ragione Occhiuto: ma chi se ne importa come si chiama l’aeroporto, basta che atterrino in massa per spendere soldi e parlare bene di noi, che non siamo solo ‘ndrangheta. Togliete gli occhiali da lettura e guardatevi intorno. C’è un mondo intero da mettere a fuoco oltre il proprio campanile.