Processo “Gotha”, le verità di Alberto Sarra: «C'erano cifre importanti. I soldi venivano dati alle imprese e non tutte erano scevre da problematiche afferenti questioni antimafia. Ecco perché decise di tenere per sé la delega anche da governatore»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«C’erano interessi importanti dietro il Decreto Reggio. Non era solo un fatto di pagamenti, ma anche di gestione di un potere enorme. I soldi che arrivavano andavano alle imprese. E non tutte erano scevre da questioni antimafia. Scopelliti voleva mantenerne il controllo». Lo ha detto pochi minuti fa l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, nel corso del processo “Gotha”, in corso all’aula bunker di Viale Calabria.
Sollecitato dalle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, Sarra sta affrontando uno dei capitoli più delicati della sua deposizione: il Decreto Reggio.
Il decreto deve rimanere a Scopelliti
Non ha dubbi, Alberto Sarra: il decreto Reggio doveva rimanere nelle mani di Scopelliti. Siamo nel periodo in cui l’ex governatore è appena stato eletto alla Regione. Raffa prende le redini del Comune come sindaco facente funzioni. Per lui, però, si apre un’estate caldissima: la sua maggioranza inizia a fare quadrato, mettendolo all’angolo. Raffa resiste. Poi si apre la questione decreto Reggio.
«Credo che Raffa avesse tutti i requisiti, anche culturali, per essere all’atezza di gestire questa cosa. Ma gli deve essere sottratta tutta la gestione delle dinamiche sottese alla gestione del decreto Reggio», sottolinea Sarra. Che aggiunge: «Deve rimanere a Scopelliti sia come persona fisica, sia come espressione di un certo mondo. Ci sono delle persone che vanno da Raffa e gli dicono “firma”. E non è qualcuno di non identificabile».
Il racconto di Sarra prosegue: «L’ho saputo perché sono stati chiamati tutti i consiglieri comunali per redigere una lettera che doveva essere indirizzata al presidente Raffa. Sono stati chiamati da persone dell’entourage di Scopelliti». Sarra inizia a fare qualche nome: «Per esempio l’architetto Artuso, che era uno che aveva avuto anche la delega al decreto, nell’epoca di Scopelliti. Ma anche l’avvocato Melissari aveva consulenze per il decreto Reggio, nel periodo della sindacatura Scopelliti».
La situazione di malessere degli assessori e dell’intera maggioranza diventa sempre più forte in quel periodo. «Si apprende – aggiunge Sarra – che la mancata partecipazione alle riunioni del Consiglio comunale e a quelle della Giunta erano da riconnettere alle problematiche afferenti la questione del decreto Reggio. Si voleva mettere Raffa in un angolo e condurlo a più miti consigli».
L’ex sottosegretario rivela anche l’interessamento del Ministero, nella persona della dirigente generale Pallavicini. «Posso pensare che questo potesse avere un addentellato nel ruolo che Scopelliti svolgeva all’epoca – prosegue Sarra – perché era anche coordinatore regionale del Pdl, oltre che governatore. E quindi una dimensione nazionale».
Le ragioni della pretesa di Scopelliti
Il procuratore Lombardo non si accontenta delle risposte di Sarra e prosegue. Dopo che l’avvocato cita la conversazione fra Giorgio De Stefano e Pasquale Tripodi, nel corso della quale si parla della «lottizzazione da parte di Scopelliti» e dell’idea di appoggiare Loiero alle regionali, poi tramontata per questioni di peso delle coalizioni, l’argomento torna ad essere il decreto Reggio.
«Credo che un qualche accordo di tipo politico sia stato fatto da Raffa e Scopelliti. Non penso – rimarca Sarra – che si potesse andare da Raffa e dirgli “firma” senza che vi fosse un accordo pregresso. Il problema è che ad un certo punto Raffa capisce la situazione e non l’accetta più. Era di fatto una persona “messa lì” e spogliata anche all’esterno. Del resto, Raffa non è un decisionista. È stato sempre tranquillo e non attaccato al ruolo».
Il pm incalza Sarra: «Perché Scopelliti voleva mantenere il controllo del Decreto?». Sarra ribatte: «C’erano procedure che voleva seguire fino in fondo». E il pm riprende: «Chi erano i beneficiari e quali interessi si legavano a questa volontà di Scopelliti?».
Sarra allora spiega: «Il Decreto prevedeva una struttura di consulenti. Aveva una squadra e riteneva di dove dar vita alla stessa. Ma anche per un fatto di ego. Scopelliti doveva preparare le elezioni successive, dove, infatti, si candidò Demetrio Arena. Bisogna considerare che Raffa non è uomo di Scopelliti, in quanto proviene da Forza Italia. Non è di estrazione scopellitiana». È il presidente del collegio, Silvia Capone, a questo punto, ad intervenire: «Ma quali interessi c’erano dietro il decreto?». Sarra lo spiega: «C’erano interessi importanti. Non è solo una questione di pagamenti, ma di un potere gestionale enorme. Ci sono cifre importanti. Ma vi sono anche rapporti differenti, poiché i soldi venivano dati alle imprese e non tutte erano scevre da problematiche afferenti questioni antimafia».
La domanda del pm Lombardo è diretta: «Scopelliti utilizzò i fondi del decreto Reggio per pagare imprese mafiose?». Sarra si sofferma un attimo e poi riprende: «Chi poteva verificare se il lavoro fatto da alcune imprese rispecchiava effettivamente quanto previsto? Dal punto di vista giudiziario, poi, Scopelliti aveva la preoccupazione di alcune situazioni e voleva quindi presidiare la cosa».