Arresti domiciliari sostituiti con l'obbligo di dimora in un Comune nel Milanese per Cristian Ferrario, 50 anni, una delle 19 persone arrestate una settimana fa nell'inchiesta sugli ultrà e sulle curve milanesi e ritenuto un presunto prestanome del leader ultras nerazzurro Andrea Beretta e di Antonio Bellocco, erede dell'omonimo clan 'ndranghetista, pure lui nel direttivo della curva Nord e ucciso il 4 settembre scorso a coltellate da Beretta.

Lo ha deciso il gip di Milano Domenico Santoro, a seguito dell'istanza dell'avvocato Mirko Perlino e dopo che Ferrario, interrogato tre giorni fa, ha ammesso le contestazioni: è accusato di trasferimento fraudolento di valori con l'aggravante di aver agevolato l'associazione mafiosa dei Bellocco, perché avrebbe incassato 40.000 euro «con causale fittizia: restituzione per cucina» al posto dei due capi ultrà, i quali «attraverso tale fittizia attribuzione eludevano le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale».

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I soldi sarebbero stati il presunto compenso di una «protezione mafiosa da loro fornita» ad un conoscente «che aveva effettuato investimenti in Sardegna, osteggiati attraverso atti vandalici». Per il gip le «dichiarazioni» di Ferrario - tra cui il fatto, come ha riferito, che sapesse chi era davvero Bellocco, perché glielo aveva spiegato Beretta - rientrano in un suo «percorso di rivisitazione rispetto all'apporto offerto al disegno criminoso» e di «consapevolizzazione». Il giudice evidenzia anche che è venuto meno il suo rapporto di lavoro col «negozio di merchandising» gestito da Beretta, uno dei business portati avanti dal capo ultrà. La Procura aveva dato parere contrario alla revoca dei domiciliari.