La maggior parte delle famiglie che si oppone al trapianto degli organi dei propri congiunti, per i quali è stata constatata la morte cerebrale, non si rende conto che in questo modo sono loro stesse a staccare la spina, perché quel rifiuto costringe i medici a interrompere immediatamente ogni supporto artificiale destinato a evitare il deperimento dei tessuti. È un paradosso atroce, che mette a nudo però l’illogicità di un diniego che spesso è dettato solo dal dolore di chi resta in vita e spera in un miracolo che non può esserci.

 

«Sia chiaro - conferma il direttore del Centro regionale trapianti, Pellegrino Mancini -, la nostra richiesta di donazione viene fatta soltanto per pazienti che sono ricoverati in rianimazione in seguito a una lesione cerebrale acuta, ad esempio per un forte trauma cranico o un’ischemia grave. Persone per le quali la morte cerebrale è imminente. Quando questa sopraggiunge, se non veniamo autorizzati all’espianto, non ci resta che staccare tutto e mandare il cadavere in sala mortuaria. Il rifiuto, infatti, ci costringe a interrompere tutte quelle procedure di supporto che consentono di mantenere in funzione per alcune ore gli organi di una persona che però clinicamente è già deceduta. Nonostante la diagnosi di morte sia certa al cento per cento - continua il medico -, il rifiuto all’espianto è molto frequente e vanifica ogni speranza per chi è in lista d’attesa».

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Nel 60 per cento dei casi, infatti, le famiglie si oppongono alla donazione degli organi. Questo perché in un frangente così drammatico vengono a collidere due realtà apparentemente inconciliabili: da una parte il dolore di chi si aggrappa a ogni barlume di speranza, anche il più improbabile da un punto di vista scientifico; dall’altra l’auspicio dei medici e l’aspettativa spasmodica di migliaia di persone in lista d’attesa per un organo che può salvargli la vita. I pazienti calabresi in lista per un trapianto sono attualmente poco più di 200: 130 persone in attesa di un rene, 10 di un polmone, 10 di un pancreas, 40 di un fegato e 20 di un cuore.
«Se non ci fossero tante opposizioni - conferma Mancini - oltre la metà di queste persone avrebbe già potuto ricevere un nuovo organo per continuare a vivere» . 

 

A fronte di una lista d’attesa che è redatta su base nazionale, in Calabria vengono effettuati però soltanto trapianti di rene (20 all’anno) e di cornee (un centinaio). Dieci, invece, sono i trapianti di fegato, per i quali il sistema sanitario calabrese assicura assistenza ospedaliera nelle fasi che precedono e seguono l’intervento chirurgico vero e proprio, che però va effettuato in altre regioni di Italia. Si tratta comunque di un grande vantaggio per i calabresi che devono subire l’impianto di un nuovo fegato senza che siano costretti ad andare via per i numerosi controlli periodici che precedono e seguono il trapianto, con vantaggi anche in termini economici per la spesa sanitaria regionale.

 

Nessuna possibilità, invece, per i trapianti di organi diversi, come cuore e polmoni, effettuabili soltanto fuori regione anche per quanto riguarda le fasi pre e post intervento.

 

Enrico De Girolamo