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Proseguono senza sosta le indagini dell’inchiesta “Robin hood” che hanno portato in carcere il consigliere regionale Nazzareno Salerno ed altri 9 indagati. Un nuovo filone investigativo mira infatti a chiarire tutti i contorni di una vicenda che ruota attorno al “saccheggio” dei fondi destinati al “Credito Sociale” destinato al micro-credito in favore di nuclei familiari in difficoltà ed inizialmente per incentivare il lavoro femminile e favorire la sua tutela. Lo si evince chiaramente da uno specifico capo di imputazione indicato con la lettera “g”, contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare ed al momento del tutto omissato. La sua collocazione strutturale nell’ordinanza fa capire che si tratta di una ipotesi di reato nuova ed ulteriore strettamente legata alla gestione del Credito Sociale dove un ruolo importante – ad avviso degli inquirenti – avrebbe svolto Vincenzo Caserta, 60 anni, originario di San Costantino Calabro, nel Vibonese, ma residente a Catanzaro, già direttore generale reggente del Dipartimento “Sviluppo Economico, Lavoro e Politiche sociali” della Regione Calabria. Altri atti confermano inoltre l’interesse degli investigatori verso la destinazione finale di fondi dirottati su conti privati. E non mancano le sorprese.
Le “manovre” di Caserta e la distrazione del denaro. Sarebbe stato proprio l’avvento di Vincenzo Caserta alla guida di un Dipartimento strategico della Regione Calabria come quello al Lavoro ed alle Politiche sociali a consentire a Nazzareno Salerno di perseguire quello che i magistrati definiscono come un “disegno criminoso”. Vincenzo Caserta è infatti accusato di aver affidato la gestione del fondo del Credito sociale e dello strumento di ingegneria finanziaria alla Fondazione Calabria Etica, destinata ad essere un mero “cuscinetto” poiché priva delle competenze e dei requisiti per la gestione di uno strumento di microcredito.
E sempre la Fondazione Calabria Etica, sotto la guida di Pasqualino Ruberto (altra figura centrale dell’inchiesta, consigliere comunale a Lamezia Terme, ed arrestato), pure lui “in affari” con l’allora assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno, nel giro di appena 8 giorni ha provveduto all’indizione di una nuova manifestazione di interessi - in luogo dell’indizione di una gara di livello comunitario – e poi all’aggiudicazione alla Cooperfin s.p.a. Tutto ciò, ad avviso degli inquirenti, a conferma del ruolo “cuscinetto” svolto dalla Fondazione Calabria Etica, priva di competenze effettive.
“Per effetto del risultato conseguito e parallelamente alla progressione criminosa – scrive il gip – Nazzareno Salerno riceverà così il prezzo concordato per la compravendita della cosa pubblica” ovvero oltre 230 mila euro da Ortensio Marano, 43 anni, di Belmonte Calabro, in provincia di Cosenza, pure lui arrestato.
Proprio la Cooperfin, società finanziaria aggiudicatrice della gestione del Credito sociale, sotto “la scellerata e spregiudicata guida del suo rappresentante legale Marano Ortensio – rimarca il gip - si approprierà di ben 1.900.000,00 euro di fondi pubblici di matrice comunitaria”. Ed è proprio con essi che, ad avviso dei magistrati, è stato corrisposto a Nazzareno Salerno il prezzo della corruzione. Più precisamente, conseguendo gli obiettivi concertati con l’allora assessore Salerno, immediatamente dopo il versamento dei fondi vincolati al progetto Credito Sociale, versati – come da esplicita previsione contrattuale - su un conto dedicato (ovvero destinato a tali uniche risorse), la Cooperfin riverserà ben 1.000.000,00 (un milione) di euro su un conto corrente personale della finanziaria. Appena quattro giorni dopo, la stessa società finanziaria ha quindi riversato mediante due bonifici, una somma totale di oltre 200 mila euro in favore di Nazzareno Salerno. Tutto ciò accerta per il gip l’interesse dell’ex assessore regionale al Lavoro e fornisce la prova del disegno criminoso in contestazione e del prezzo dell’accordo corruttivo.
Le indagini in Svizzera. La restante parte dei fondi, secondo le risultanze investigative, è stata invece gestita dalla Cooperfin mediante riversamenti su propri conti corrente (intestati principalmente alla partecipata M&M Management) e prestiti cambializzati condotti nella sua normale attività di finanziaria. Inoltre la quota di 825 mila euro ancora giacente sul conto corrente dedicato, nell’aprile dello scorso anno è stata “investita” in Svizzera, con la causale “Progetto giubilare” in capo ad una società sulla quale sono ancora in corso ulteriori accertamenti da parte degli investigatori.
Tale operazione è stata realizzata, ad avviso del gip, “con la consapevolezza della provenienza pubblica del denaro utilizzato”, unitamente a due soggetti (Bruno Dellamotta, 69 anni, nativo di Genova ma residente a Firenze ed allo stato irreperibile e Giuseppe Castelli Avolio, 60 anni, arrestato), già “attivi” per il gip “nel mercato finanziario illecito”.
I versamenti per milioni di euro. Per i magistrati, inoltre, prima del versamento regionale di oltre due milioni e mezzo di euro sul conto della Cooperfin vi erano solo poche migliaia di euro e ciò induce a ritenere che nel caso di specie non vi sia “neppure il dubbio che i soldi distratti siano proprio quelli” di cui si occupa l’inchiesta.
A tali condotte, finalizzate alla distrazione di miglia di euro, va poi ad aggiungersi il reato di falso contestato a Vincenzo Caserta il quale per giustificare leragioni dell’affidamento del progetto del Credito Sociale alla Fondazione Calabria Etica ha adottato la seguente motivazione: “In considerazione della sua connotazione giuridico statutaria e della precipua attività istituzionale, coerente con l’intervento previsto nell’avviso”, ritenendo la stessa fondazione quale “soggetto qualificato, maggiormente rispondente allo scopo…”, tutte circostanze per il gip assolutamente false poiché il servizio affidato era del tutto estraneo ai fini istituzionali della Fondazione Calabria Etica, costituendo un’operazione di ingegneria finanziaria, una forma di micro-credito, per la cui gestione era invece necessario possedere le abilitazioni “assolutamente estranee all’Ente”.
Giuseppe Baglivo