Messi sotto chiave da una duplice confisca - in sede penale e prevenzionale - dopo 8 anni la suprema Corte dichiara un'altra volta l'inammissibilità del ricorso proposto dal pg della Corte d'Appello
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È stata definitivamente messa la parola fine all’intricata vicenda giudiziaria iniziata nel 2016 quando l'imprenditore edile, Antonio Saraco, venne coinvolto nell'inchiesta denominata Itaca Free Boat sul porto di Badolato. All'epoca a carico dell'imprenditore venne disposto il sequestro di tutti i beni immobili, dei conti correnti, personali e delle società a lui riconducibili e al suo intero nucleo familiare.
Due sequestri paralleli
Il provvedimento di sequestro si trasformò successivamente in confisca, disposta dal Tribunale di Catanzaro nel corso del giudizio penale. Parallelamente, sempre per gli stessi beni, fu disposto un nuovo e diverso sequestro questa volta dal Tribunale Misure di Prevenzione, poi commutato in confisca, dopo la decisione del giudice della prevenzione.
La richiesta di perizia
Sui beni, sui cui pendeva dunque un doppio vincolo, - uno in sede penale e l’altro in sede prevenzionale - la difesa dei Saraco, aveva fin dall’inizio invocato l’espletamento di una perizia allo scopo di accertare la fondatezza della contestazione di illegittimità della loro provenienza, senza però trovare accoglimento. Da qui le impugnazioni dei due decreti di confisca che sortirono effetti diversi.
La confisca in sede penale
La confisca pronunciata nel giudizio penale, confermata dalla Corte di Appello, fu invece annullata dalla Corte di Cassazione. Da qui un nuovo giudizio in appello che si è concluso, dopo che fu disposta perizia, con l’annullamento e la revoca della confisca, essendo risultato del tutto legittimo l’intera possidenza immobiliare ed economica della famiglia Saraco (di cui fanno parte un avvocato civilista ed un commercialista, tra l’altro titolari di importanti redditi autonomi).
Inammissibilità del ricorso
Contro il decreto di annullamento aveva proposto ricorso in Cassazione il sostituto procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro, sostenendo l’esistenza di vizi di legittimità del provvedimento di revoca della confisca. Da qui l’udienza svolta dinanzi la Corte di Cassazione nella giornata di ieri e conclusa con una sentenza di inammissibilità del ricorso del procuratore generale di Catanzaro. Il pg della Corte di Cassazione aveva concluso per il rigetto del ricorso, mentre i difensori della famiglia Saraco, gli avvocati Francesco Gambardella e Raffaella Tolotta, avevano chiesto, espressamente, che fosse dichiarata l’inammissibilità.
La confisca in sede prevenzionale
Stessa sorte, e cioè sentenza di inammissibilità, aveva avuto l’altro ricorso che, sempre il pg di Catanzaro aveva proposto contro il decreto con cui la Corte di Appello aveva revocato la confisca disposta dal Tribunale Misure di Prevenzione sui beni dei Saraco. Il giudizio di prevenzione aveva poi subito una biforcazione in quanto, pur essendo stata disposta la confisca, era stato revocato il sequestro per inutile decorso del tempo massimo entro cui pronunciare un decreto definitivo. Da qui un nuovo decreto di sequestro che, però, fu annullato anche perché furono ravvisati profili di abnormità.
Triplice controllo
Definitivamente ed irreversibilmente è stato, quindi, riconosciuto, con triplice controllo ed in due diverse sedi giudiziarie, come tutte le possidenze della famiglia Saraco siano legittime. In tutti i gradi di giudizio e nelle due diverse sedi giudiziarie penale e di prevenzione Antonio Saraco è stato difeso dall’avvocato Francesco Gambardella, mentre i suoi familiari, terzi interessati, sono stati difesi dall’avvocato Raffaella Tolotta, dall’avvocato Giuseppe Della Monica e dall’avvocato Sergio Scicchitano.