VIDEO | La testimonianza di un imprenditore di Roccaforte del Greco che ha perso tutto: «Non c'è un palmo di terra che sia rimasto verde». I momenti di paura vissuti e la denuncia: «Il fuoco doveva essere fermato prima che arrivasse a valle, si riveda la gestione antincendio» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Prima di raccontare questi miei giorni difficili, vorrei manifestare il mio sentito cordoglio per le due vittime di San Lorenzo. Due morti che non avrebbero dovuto esserci». Ha ancora ancora davanti agli occhi il muro di fiamme e calore che li scaraventava indietro mentre, nonostante il fumo impedisse il respiro e la vista, cercavano di avanzare in quello scenario infernale per salvare ciò che poteva essere salvato.
Una lotta assolutamente impari. L’imprenditore agricolo Francesco Saccà non dimenticherà mai quelle poche ma interminabili ore in cui i suoi trecento ettari di terra con uliveti, frutteti e campi di ortaggi, circondati da boschi e da una pineta di mezzo secolo, sono stati ridotti in cenere dalle fiamme.
A Roccaforte del Greco nel cuore della Bovesìa, dove non è arrivato il fuoco, sono stati il vento e il calore a distruggere tutto. In un pomeriggio, in fumo il lavoro e i sacrifici di oltre trent’anni, quindi di una vita. «La mia azienda non esiste più. Non c’è un palmo di terra di mia proprietà e a Roccaforte del Greco che sia rimasta verde. Purtroppo la furia del fuoco e del vento ha devastato tutto».
Questa la tragica testimonianza di Francesco Saccà titolare dell’omonima azienda agricola di famiglia, di cui oggi resta quasi soltanto cenere. Salvati gli animali che per lungo tempo, vista la terra così ferita non avranno neppure un pascolo dove nutrirsi, e il centro aziendale allestito in un gruppo di case, un tempo un antico convento del Settecento, di cui un piano superiore con solai e tetto in legno è andato distrutto. Vigili del fuoco, le forze dell'ordine, i sindaci di Roccaforte e Roghudi, Mimmo Penna e Pierpaolo Zavettieri, anche i fidati collaboratori sono stati accanto a Francesco Saccà in quel lungo pomeriggio divenuto tarda notte. Ore di pericolo e apprensione e paura.
Il racconto del fuoco
«Ricordo con grande angoscia quando non riuscivo sentire uno dei miei collaboratori, Mentor, che era rimasto al di là del cancello nel tentativo di fare ciò che poteva per proteggere l’azienda e il lavoro che in oltre trent’anni abbiamo costruito insieme. Lui ha salvato la casa. Lo ringrazio profondamente come ringrazio anche Mohamed, Larby e Giorgio per il coraggio che hanno avuto in una situazione di grande pericolo e per l’abnegazione che stanno dimostrando nel rimboccarsi le maniche anche adesso che è tutto da ricostruire. Ringrazio loro e anche i tanti che mi stanno dimostrando vicinanza, stima e apprezzamento per il lavoro da sempre svolto», ha raccontato con commozione Francesco Saccà.
Danni incalcolabili
Difficili da quantificare i danni materiali, incommensurabili quelli emotivi. Una devastazione che non genera, tuttavia, alcuna resa ma che certamente rivendica assunzione di responsabilità.
«Il fuoco avrebbe dovuto essere fermato prima, giorni prima, e non arrivare fino a valle. È necessario che tutti gli attori coinvolti nell’attività antincendio e nella prevenzione si siedano attorno ad un tavolo per rivedere la gestione perché l’attività non è efficace. Inoltre credo sia il caso di istituire un fondo per consentire alle aziende colpite dal fuoco di ripartire. Parlare di risarcimento adesso è impossibile. Non riesco neppure ad immaginare di dover quantificare i danni che ho subito, ma un sostegno per la ripresa è necessario e doveroso», ha sottolineato ancora Francesco Saccà, anche componente del comitato della condotta Slow Food Reggio Calabria Area grecanica.
La tenacia e il ricordo
«In trentacinque anni di attività non avevo mai subito danni di questa portata. Altri incendi avevano colpito i miei terreni otto anni e anche quattro anni fa ma non con questa veemenza, con questa forza distruttiva. Completamente incenerita tutta la distesa tra Roccaforte del Greco e Condofuri», ha sottolineato ancora l'imprenditore.
Il senso di impotenza dinnanzi alla furia distruttiva non è ancora stato dissipato ma già è straordinaria la lucidità con cui Francesco Saccà pensa a come ricominciare, tanto forti sono la tenacia e la volontà di non disperdere completamente il lavoro di una vita, tramandato dal padre, e di non cedere dinnanzi ad atti intollerabili. «Chi pensa che bruciando tutto, ci cacci da qui, si sbaglia. Noi ricominceremo. Io voglio restare qui dove sono stati compiuti anche tutti i sacrifici da mio padre, Vincenzo. Devo anche a lui la scelta di restare qui, dove negli anni Settanta aveva avviato una ditta di movimento terra. Un’attività apprezzata e indipendente, per questo disturbata dalla mafia che fece saltare tanti suoi mezzi e che lo minacciò anche di morte. Anni difficili dopo i quali il suo lavoro si concentrò sul versante agricolo che poi da giovanissimo ho rilevato io. Con la passione per l’ingegneria, ho studiato agraria per raccogliere la sua eredità. Qui c’è la mia storia e qui voglio che sia il mio futuro. Forte anche del sostegno e dell'amicizia di tante persone, ripartirò con pazienza dagli ortaggi perché al momento uliveti e frutteti ormai non ci sono più e non c’è altro che possiamo ricominciare lentamente a coltivare», ha concluso Francesco Saccà.
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