«C'era una volta il metodo Aspromonte di lotta agli incendi. Ancora adottato da alcuni parchi nazionali con ottimi risultati. Ne vogliamo parlare?». Così, a fine luglio, attraverso la sua pagina social, Tonino Perna, vicesindaco di Reggio Calabria e già presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte, prevedeva amaramente la catastrofe che sta cancellando migliaia di ettari di boschi calabresi.

D’altra parte per lui, che si dice indignato ma non rassegnato, per gli incendi c'è una cura che funziona, ma non si vuole adottare. «Certo ci vuole coraggio – scrive - a lasciare bruciare intere foreste del nostro Mezzogiorno, decine di migliaia di ettari per non aver fatto nulla in termini di prevenzione».

Già, la prevenzione, questa sconosciuta in Calabria, e non solo nel settore boschivo.

La riflessione del professore emerito di Sociologia economica all’Università di Messina prende le mosse dall’estate del 2003, quando tutta l’Europa mediterranea, dal Portogallo alla Grecia, veniva sconvolta da una miriade di incendi. In quel contesto veniva alla ribalta il caso del Parco nazionale dell’Aspromonte.

Il metodo Aspromonte

«In una delle aree montagnose più povere d’Italia, con rilevanti problemi sociali, veniva sperimentato un metodo di contrasto agli incendi, che si basava sui contratti di responsabilità territoriale, che dava da tre anni risultati eccezionali. Era il così detto “metodo Aspromonte”, promosso dall’ente Parco nazionale, attraverso un bando di evidenza pubblica che affidava a soggetti del Terzo settore i 40.000 ettari di foresta con l’obbligo di intervenire immediatamente nello spegnimento degli incendi».

Perna ricorda che nel contratto era prevista una penale che arrivava fino al 50 per cento del valore complessivo se la superficie attraversata dal fuoco risultava, a fine anno, superiore all'1 per cento dell’area data in adozione. Ma i risultati arrivarono presto: «Nel Parco nazionale dell’Aspromonte la superficie bruciata è crollata con una riduzione tra il 75 e l’80 per cento nel periodo 2001-2007 nel quale è stato adottato questo metodo. Non sono scomparsi gli incendi, ma gli effetti devastanti del fuoco».

Una metodologia che, sostiene ancora Perna, fu adottata da altri Parchi nazionali in Italia, Spagna e Portogallo, «ma gli interessi della lobby che vive dell’antincendio - dalle società che gestiscono elicotteri o canadair agli operai idraulico-forestali, sostiene l’ex presidente del Parco - ha avuto finora la meglio. Ma così non possiamo andare avanti perché l’innalzamento delle temperature e i lunghi periodi di siccità ci porteranno nei prossimi anni danni incalcolabili se non interveniamo con questo sistema che condivide le responsabilità territoriali, tra ente pubblico e soggetti del Terzo Settore». 

Occasione persa

Sull’argomento Perna ha rilasciato anche un’intervista ai colleghi dell’Avvenire, a cui ha spiegato che il metodo sperimentato dal “suo” Parco andò avanti per circa un decennio in Aspromonte, e per qualche anno in più anche nel Parco del Pollino: «La Regione mi propose di realizzarlo per tutta la Calabria. Feci il conto che ci volevano 3 milioni. E pensi che oggi per tutto il sistema antincendio si spendono 18 milioni con risultati ben diversi».

Perna ricorda che aveva chiesto ai suoi interlocutori una struttura e la sicurezza che ci fossero i fondi, ma anche che non ebbe alcuna garanzia dalla Regione, ma solo l’offerta di un contratto di consulenza. Insomma non se ne fece nulla. E con rammarico il professore si dice convinto che quel “metodo” oggi avrebbe funzionato, lanciando delle ombre pesanti su tutto il sistema dell’antincendio: «Siccome gli incendi non riusciamo a prevenirli, per la molteplicità delle cause, bisogna trovare il modo di spegnerli appena partono, ricreando un rapporto col territorio. Invece, strana coincidenza, quando la Regione firma i contratti con le società private che gestiscono l’antincendio e gli elicotteri, partono gli incendi. Non è una prova, ma il sospetto c’è: queste società vivono perché ci sono gli incendi».

Ma la sua invettiva è anche una denuncia all’irresponsabilità di chi dovrebbe provvedere alla prevenzione, soprattutto quando lamenta l’eliminazione del Corpo forestale – «una vera sciocchezza» dice – che ha fatto spazio a Calabria verde, sulla quale è lapidario: «Assolutamente inefficiente. Pensi che le visite mediche per l’antincendio le fanno a fine luglio quando ormai la stagione degli incendi è partita. Invece bisogna muoversi per tempo. Noi facevamo i bandi a febbraio, anche per farli preparare. È veramente un’irresponsabilità».

Le conseguenze dell’inferno di fuoco che sta divorando la Calabria, per lui, non si limiterà all’immediata conta dei danni, ma servirà il conto con le prime piogge. «Per questo provo tanta amarezza – conclude Perna -. Ne parliamo adesso ma tra un mese non se ne parlerà più».