«Auspico che il Governo intervenga con fondi straordinari per sostenere coloro che, a causa degli incendi, hanno perso tanto o tutto. Così come avvenuto per le alluvioni che negli ultimi mesi hanno colpito il Nord Est, allo stesso modo è opportuno che da Roma arrivi il giusto sostegno per chi ha subito i danni delle calamità naturali». Lo sostiene il presidente della Conferenza episcopale calabra monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova.

Monsignor  Morrone, a nome di tutti i vescovi calabresi, condanna come «criminali» atti volontari che devastano i «nostri territori causando vittime» ed esprime la «propria vicinanza alle famiglie della vittima e dei feriti» dichiarandosi anche solidale con quanti «hanno subito danneggiamenti ad abitazioni e luoghi dediti al lavoro, all'agricoltura e all'allevamento».

«La nostra regione - prosegue l'arcivescovo Morrone - è stata ferita da criminalità e trascuratezza: gli incendi non si combattono solo dopo che sono divampati, ma è indispensabile infittire la maglia dei controlli e della prevenzione affinché si eviti di ritrovarsi, ogni anno, con ampie zone di territorio compromesse dalle fiamme».

Rispetto alla prevenzione, è scritto in una nota, «proprio la Calabria ha offerto a tutti uno straordinario modello che ha sensibilmente ridotto il numero di incendi nella seconda metà dello scorso decennio, quello degli ecopastori: c'è da chiedersi come mai questa buona prassi è stata interrotta».

Monsignor Morrone, in conclusione, ringrazia tutti gli operatori delle forze dell'ordine, la Protezione civile, i vigili del fuoco, i volontari, le comunità parrocchiali e quanti hanno contribuito a fermare l'avanzare delle fiamme: «Il vostro impegno è esemplare ed è proprio dall'esempio che ci avete dato che dobbiamo ripartire per prenderci cura della nostra casa comune: dobbiamo ripensare il nostro rapporto con la natura e con il creato, ricordando a noi stessi che siamo collaboratori della creazione di Dio, non padroni dell'ambiente che ci è stato donato e che dovremo consegnare alle prossime generazioni».