Denunciate quindici persone e segnalate altre diciannove, tra cui dipendenti comunali e medici necroscopi. L’operazione “Vita eterna” è stata condotta dai militari della Guardia di finanza
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E’ stata battezzata “Vita eterna” l’ultima operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza del Gruppo di Locri, in collaborazione con gli uffici territoriali dell’Inps, che al culmine di una meticolosa attività info-investigativa a tutela della spesa pubblica ha portato alla luce rilevanti situazioni di illiceità nell’erogazione di prestazioni pensionistiche a favore di persone decedute nel territorio della locride per il periodo temporale dall’1/1/2010 al 31/7/2018.
Le indagini
L’articolata e complessa attività si è realizzata mediante una preliminare acquisizione documentale presso gli enti comunali del territorio locrideo di circa 6 mila nominativi di soggetti deceduti che successivamente sono stati oggetto di accurati approfondimenti investigativi svolti mediante l’utilizzo delle Banche Dati in uso alla Guardia di Finanza. In particolare, si è riscontrata la presenza di evidenti incongruenze afferenti posizioni pensionistiche non ancora eliminate per soggetti già deceduti che, invero, risultavo essere in vita tanto che veniva rilevata la presenza di modelli di certificazione unica dei redditi erogati dall’Inps nei confronti degli stessi.
I riscontri
La Procura della Repubblica di Locri, a seguito delle preliminari risultanze segnalate dai finanzieri, avviava immediatamente un fascicolo processuale disponendo, al contempo, l’effettuazione di riscontri presso gli uffici territoriali dell’Inps per ricostruire le modalità ed il luogo di pagamento delle somme erogate nonché l’esecuzione di accertamenti finanziari presso diversi Istituti di credito al fine di individuare i soggetti beneficiari degli accreditamenti delle pensioni ricevuti indebitamente. Più in particolare, è stato possibile disvelare come il sistema fraudolento adottato dai reali percettori consisteva sia nel prelevamento mediante carte bancomat intestate al deceduto ed utilizzate fino alla loro naturale validità sia mediante carte bancomat intestate agli stessi soggetti cointestatari del rapporto bancario e/o postale ove venivano accreditate le mensilità delle pensioni non più dovute.
Le conseguenti attività d’indagine consentivano, quindi, di rilevare 17 soggetti deceduti il cui decesso, in alcuni casi, è avvenuto nel corso degli anni 2011, 2013 e 2014 e, per 9 defunti, l’Inps stava ancora continuando ad erogare prestazioni pensionistiche in quanto non era a conoscenza degli avvenuti decessi. In un caso, i finanzieri hanno addirittura scoperto come, con il suindicato stratagemma, un intimo parente di una persona deceduta nel 2014 sia riuscito a prelevare dal conto corrente ove veniva accreditata la pensione una cifra prossima alle 100 mila euro.
La pensione percepita dopo il decesso
I meticolosi accertamenti eseguiti hanno evidenziato come la causa della percezione della pensione anche dopo il decesso del legittimo avente diritto è da ricondurre sostanzialmente alla mancata comunicazione dei decessi in argomento agli uffici competenti quali INPS e Agenzia delle Entrate. Ed effettivamente, sia presso gli uffici Anagrafe-Stato Civile dei comuni ove i decessi erano avvenuti che presso quelli di residenza, i finanzieri hanno rilevato come, in alcuni casi, le relative comunicazioni, previste dalle vigenti disposizioni di legge, da effettuare telematicamente mediante il sistema INA-SAIA, in realtà non erano mai avvenute.
15 persone denunciate
All’esito della complessiva attività d’indagine, la Guardia di Finanza deferiva alla Procura di Locri 15 persone che sono risultate essere i reali percettori delle pensioni erogate dall’INPS per il reato previsto dall’art. 316 ter. c.p. (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) che hanno conseguito un illecito profitto per circa 500 mila euro ed interessava l’istituto previdenziale al fine di sospendere tali indebiti pagamenti. Inoltre, i Finanzieri hanno proceduto a segnalare alla Corte dei Conti di Catanzaro 19 pubblici ufficiali (dipendenti comunali e medici necroscopi) che, con la loro condotta omissiva consistita nella mancata comunicazione dei decessi, hanno cagionato un danno economico rilevante all’Istituto Previdenziale.