Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Era il 1975 quando un gruppo di scout del quartiere Bella conobbero dei loro coetanei in carrozzina e contattarono il sacerdote lombardo, che al tempo operava nella comunità di Capo D’Arco, chiedendo che li inserisse in quelli che allora sembravano dei veri e propri prototipi avanguardisti di educazione e formazione sociale. Ma Don Giacomo piuttosto che strappare quel gruppo ben tornito di ragazzini alla loro terra, pensò di esportare quel modello in Calabria. Nasce così la Progetto Sud, da una casa diroccata, senza fogne né riscaldamento, data in concessione nel 1976 dall’allora amministrazione con una convenzione di nove anni, poi rinnovata nel 1985 per altri quattro anni. Dopo di allora a nulla sono valsi, ha spiegato Panizza, i solleciti alle varie amministrazioni affinché venisse promulgata la convenzione o inquadrato in qualunque altro modo la residenza. Intanto, la struttura è cresciuta. E’stata la cellula da cui sono poi nate altre realtà in cui sono stati decentrati gli ospiti di don Giacomo, dai tossicodipendenti, agli immigrati, ai disabili.
La casa è cresciuta anche ‘fisicamente’, a spese della comunità. Prima i lavori per le fogne, poi quelli per i riscaldamenti e i tetti di cartongesso, poi l’acquisto della vecchia tipografia che era alle spalle. Insomma, la cooperativa ha investito nella struttura.
Fino all’inserimento nel primo piano dei beni alienabili fatto dall’amministrazione Speranza. Seguono le sollecitazioni di un incontro da parte di Panizza che ottiene solo rassicurazioni verbali. SI va al voto. Mascaro espugna la città al centrosinistra. Anche lui inserisce il bene nell’elenco. La base d’asta è di 170 mila euro ma dopo qualche mese diventa 360 mila euro.
Don Giacomo come ha appreso che la struttura figurava tra quelle acquistabili all’asta?
Lo sapevo ormai da tempo. La vera sorpresa è che nessuna giunta, nessun Sindaco abbia fatto delle delibere sulla situazione di questa casa. Puoi mettere all’asta delle mura, ma questa è una casa abitata da quaranta anni, da cui sono nate poi altre strutture a Lamezia Terme, in Calabria e in Africa. Ho chiesto un confronto sia al sindaco procedente che a quello attuale e spero che arriverà.
I beni nell’elenco sono quelli da cui il Comune afferma sostanzialmente di potere avere delle entrate. La casa potrebbe essere messa all’asta oppure potrebbe esserle proposto di pagare un canone d’uso.
Sono 26 anni che chiediamo di sapere cosa fare dopo la scadenza dell’affitto. Non so cosa accadrà, non voglio dire che cosa va fatto. A me spetta tutelare chi abita in questa casa. Spero intanto arrivi il dialogo, altrimenti arriveremo alle carte, ma credo nella Provvidenza.
Secondo lei si tratta di prendere una decisione di tipo economico o politico?
Non conosco bene il bilancio del comune, ma mi fa sorridere pensare che possa essere la vendita di questa casa a portare i conti in pareggio. Se dovesse andare all’asta, probabilmente non potremo nemmeno gareggiare, la cifra è da capogiro per un bilancio come il nostro. Vantiamo crediti da diversi enti pubblici.
Tiziana Bagnato