A poco più di un mese dalla scadenza del decreto Calabria si valuta già la possibilità di chiedere una ulteriore proroga del pacchetto di misure speciali appositamente varate nel lontano 2019 per favorire il risanamento della sanità calabrese ma prolungate poi di volta in volta a colpi di proroga fino alla più recente deliberata nel novembre scorso.

La scadenza dell'8 maggio

Sei mesi che sarebbero dovuti servire a gettare le basi per un celere ritorno verso una gestione ordinaria ma che adesso evidentemente non sembrano più sufficienti a traguardare la meta. Così il presidente della Regione e commissario ad acta, Roberto Occhiuto, pare essere intenzionato a chiedere al Governo una ulteriore proroga, anche in considerazione dell’imminente scadenza dell’8 maggio.

Quantificazione del debito

Tra le ragioni addotte, lo scorso novembre, a giustificazione della nuova estensione della legge speciale vi era, ad esempio, la quantificazione del debito sanitario che però in questi mesi si è paludata nella complicata operazione di accertamento dei crediti dichiarati dai fornitori ma che, in molti casi, non ha trovato il riscontro nelle scritture contabili delle aziende sanitarie e ospedaliere.

La palude dei crediti

Non a caso, la Regione nei giorni scorsi ha fissato il termine perentorio del 30 giugno per concludere almeno una parte delle procedure di controllo e verifica delle richieste avanzate in una prima fase dai creditori. Il 70% dei 768 milioni presentati in fatture dai fornitori. Un termine, quello del 30 giugno, che si pone già al di là della naturale scadenza del decreto Calabria, dell’8 maggio, e che in ogni caso consentirà di acquisire solo un dato parzialmente attendibile da inserire nei bilanci aziendali.

Fiume di denaro

Vi è poi l’altro capitolo scabroso che riguarda la spesa dei fondi sanitari, un ostacolo contro cui la struttura commissariale continua ad inciampare da ormai quasi un anno. Già nel tavolo di verifica interministeriale tenuto nell’aprile del 2022 era emerso come il positivo risultato di gestione fosse in realtà solo il frutto di un uso distorto delle risorse pubbliche: un fiume di denaro - 310 milioni tra fondo sanitario e fondi covid - rimasti in gran parte nelle casse della Cittadella, inutilizzati.

Il difficile ritorno alla normalità

Anche per queste ragioni si vaglia l’opportunità di una eventuale proroga del decreto Calabria, e con questa dei poteri speciali in capo al commissario ad acta, per poter proseguire nell’azione di risanamento della sanità. Contestualmente sfuma però l’ambizione del ritorno ad una gestione ordinaria.