Il provvedimento della Regione riguarda il territorio di 26 Comuni reggini dove sino al termine dell’emergenza non è possibile svolgere alcuna attività all’aperto, dalle escursioni alla raccolta di funghi. Le informazioni scarseggiano, mancano i dispositivi di protezione individuale e gli operatori brancolano nel buio
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I problemi più grossi ricadono sulle spalle delle aziende che si occupano dell’allevamento di maiali – circa 150 in provincia di Reggio le aziende censite dalla Regione – ma la crisi dettata dalla peste suina africana riscontrata nel Reggino, sia tra i cinghiali selvatici che in un paio di allevamenti di maiali domestici, rischia di avere pesanti ripercussioni anche nel settore del turismo in Aspromonte. L’istituzione della zona rossa da parte del presidente Occhiuto infatti – 26 i comuni identificati finora dalla disposizione sanitaria, con il resto della provincia che resta sotto stretta osservazione – oltre a bloccare il commercio di carne e derivati della carne di maiale oltre i confini della zona rossa, pone una serie di limitazioni anche a quelle attività che, di fatto, rendono viva la montagna. Parco nazionale d’Aspromonte compreso.
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Peste suina, tutti fermi
Stop alle passeggiate tra le valli dei comuni in cui il contagio potrebbe essersi diffuso, stop alla raccolta dei funghi e alle gite in mountain bike e a cavallo per i sentieri tra i campi: ogni attività considerata non essenziale viene di fatto sospesa fino al termine dell’emergenza. Anche le attività escursionistiche, didattiche e di trekking – che negli ultimi anni hanno contribuito moltissimo alla rinascita dell’Aspromonte – potrebbero subire uno stop. Con buona pace di una stagione turistica finora bloccata dal maltempo.
Un “fermi tutti” che però, ordinanza a parte, non è stato ancora formalizzato alle tante guide (del Cai e dello stesso Parco nazionale) che quei sentieri li battono tutti i giorni. «Navighiamo a vista – racconta Luca, operatore turistico ed esperto conoscitore della montagna reggina –, ma di fatto non abbiamo avuto disposizioni precise. Sappiamo dell’obbligo di segnalazione nel caso di ritrovamento di una carcassa, e la nostra esperienza ci porta a prestare attenzioni particolari. Nel mio caso ho acquistato dei disinfettanti con cui sanifichiamo mezzi, scarpe e indumenti al ritorno da ogni escursione ma nessuno finora ci ha detto come comportarci. L’ordinanza – continua l’operatore turistico – parla specificatamente di attività ludiche, ma la mia e quella degli altri operatori non è un’attività ludica. Si tratta del nostro lavoro, la nostra vita».
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«Dove porto i turisti, sulla 106?»
Neanche il Cai, il club alpino italiano, ha preso una posizione formale, con le proprie guide lasciate in un limbo di incertezza. «Non abbiamo saputo niente di ufficiale – racconta Pietro, che da anni, sotto le insegne del Cai, porta i turisti su e giù per le meraviglie d’Aspromonte – restiamo in attesa di una comunicazione definitiva. Certo la stagione è alle porte e con queste restrizioni non potrei portare le persone in molte delle località più gettonate. La situazione è seria, dove li porto io i turisti se non possiamo andare in montagna? Sulla 106?». La peste suina africana, malattia che non ha ripercussioni sulla salute degli esseri umani, si diffonde invece molto velocemente tra i maiali, domestici e selvatici. Un contagio che si può trasmettere con il semplice contatto, considerato anche il sovrannumero di cinghiali presenti sulle nostre montagne, anche a distanze notevoli. Il blocco della vendita della carne suina, così come il blocco alle attività non essenziali nei comuni epicentro dell’emergenza, dipende proprio dalla facilità con cui il morbo può diffondersi.
Peste suina, mancano anche i Dpi
«La massima priorità – fanno sapere dall’Asp – è contenere il contagio e limitare i danni. L’ordinanza parla chiaro, c’è poco da capire. Le attività non essenziali sono sospese previa autorizzazione dei singoli comuni coinvolti che, analizzando le richieste, possono concedere le autorizzazioni». Tutto altro discorso invece per i controlli che dovranno fare rispettare le limitazioni stesse. Anche qui si naviga a vista. «Aspettiamo istruzioni operative – fanno sapere dagli uffici del Parco nazionale –certamente serviranno i controlli sul territorio, ma è la Regione che si deve muovere, a noi hanno proibito di prendere iniziative. Di certo ancora mancano i punti di conferimento dove portare le carcasse, manca il relativo piano di rastrellamento e i dispositivi Dpi per le persone coinvolte. Noi come Parco abbiamo fatto una riunione e abbiamo dato la disponibilità per 25 selecontrollori mettendo a disposizione un nostro mezzo per lo spostamento delle carcasse ai centri di conferimento per le analisi delle Asp».