La Dda decide di non appellare la sentenza di primo grado. L’avvocato del commercialista ne ripercorre la vicenda giudiziaria: «Nel 2021 si è ammalato di leucemia. Ha perso tutto. Lo Stato gli ha portato via la ditta e gliel’ha restituita con 6 milioni di debiti»
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«È divenuta definitiva e irrevocabile la sentenza n. 28/2024 del Tribunale di Catanzaro che nell’operazione denominata “Imponimento” ha assolto Domenico Fraone, commercialista ed ex consigliere della Provincia di Vibo Valentia, dall’infamante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e dal reato di intestazione fittizia di beni con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa con la formula piena perché i fatti non sussistono». È quanto si legge in una nota firmata dallo stesso Fraone e dall’avvocato, Francesco Matteo Bagnato.
«La Procura Distrettuale di Catanzaro non ha proposto appello avverso la sentenza di assoluzione piena perché il fatto non sussiste. Domenico Fraone ringrazia i suoi difensori Avv. ti Guido Contestabile, Avv. Serena Lacaria e Avv. Francesco Matteo Bagnato e Avv. Mario Bagnato i quali hanno sempre creduto nella sua innocenza. Finisce il calvario giudiziario iniziato la notte del 21 luglio 2020, allorquando a seguito di investigazioni condotte dalla Guardia di Finanza, Fraone è stato tratto in arresto da 100 militari con l’ausilio di un elicottero in esecuzione di un frettoloso provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro ed è stato trasportato nel carcere di Siano in attesa di essere trasferito in altri istituti penitenziari».
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A seguito dell’arresto, ricorda la nota, tutto il suo patrimonio gli fu sequestrato e la società di famiglia fu sottoposta ad amministrazione giudiziaria, con grave danno per la sua onorabilità e quella della sua famiglia «infangati dalle false accuse». Poi, prosegue la nota, Domenico Fraone «in data 17. 9. 2021, si è gravemente ammalato di leucemia fulminante promielocitica acuta».
«Il dissequestro dei beni era stato disposto in data 9. 2. 2023 dal Tribunale di Catanzaro, anche a seguito di una relazione del Procuratore Generale della Corte di Cassazione che aveva ritenuto i reati contestati insussistenti e neanche astrattamente ipotizzabili, ma la società è stata restituita con debiti di oltre sei milioni di euro per atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate di Vibo Valentia durante l’amministrazione giudiziaria che non li ha impugnati».
A tutto oggi, viene rimarcato «Fraone non si spiega come gli inquirenti abbiano potuto scambiare chiare e evidenti estorsioni subìte dallo stesso a opera di esponenti apicali delle consorterie in favore di soggetti ben precisi, molte risultanti dalla C. N. R. , dal provvedimento di fermo e dal compendio intercettivo. In pratica, si è confusa la vittima con il carnefice. La difesa ha dimostrato che in tutti gli episodi contestati Fraone era stato vittima di richieste e di imposizioni da parte dei clan e che ciò risultava dalle stesse investigazioni della Guardia di Finanza».
Infine, il rammarico nel constatare «come nessun provvedimento sia stato emesso nei confronti degli autori delle imposizioni che ha puntualmente denunciato».