Registrato un incremento dei crimini legati alla pedopornografia e al cyberbullismo: sulle piattaforme online preoccupano i ricatti (anche monetari) a sfondo sessuale. Mancano gli strumenti educativi e culturali per contrastare queste forme di abuso
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La rete ha indubbiamente facilitato il meccanismo dello scambio relazionale: nel contesto lavorativo, così come in quello privato, l’iperconnessione dà la possibilità di avere un continuo dialogo e ciò ha anche delle implicazioni positive. Tuttavia, la nostra sempre più accentuata onlife ci pone di fronte a delle sfide che non possono più essere ignorate.
L’interconnessione senza soluzione di continuità tra vita online e vita offline dovrebbe, infatti, spingere a ripensare i confini della nostra privacy. La condivisione costante di informazioni personali online espone gli individui a rischi come furto d'identità, sorveglianza non autorizzata e uso improprio dei dati.
Ma non solo: l’iperconnessione (e spesso l’anonimato che ne deriva) aumenta il rischio di comportamenti dannosi e di abusi. Insulti, molestie o vendetta tramite condivisione di contenuti privati sono, infatti, solo alcune delle possibili manifestazionidell’hate speech in rete.
Fenomeni come la pedopornografia online, il revenge porn, il cyberbullismo e correlati, devono allora spingere a una riflessione più ampia: non sono forse diventate più superficiali le nostre relazioni? Non stiamo forse inquinando le nostre emozioni?
Il report 2024 della Polizia Postale
Partiamo dai dati relativi alla pedopornografia online: il Centro specializzato al suo contrasto ha registrato un aumento complessivo dei casi, ma anche una efficace opposizione: più arresti, più perquisizioni e circa 2.700 siti inseriti nella black per contenuti pedopornografici.
Oltre 300 in più sono, invece, i casi di cyberbullismo e, in tal senso, la fascia d’età più colpita è quella 14-17 anni, anche se preoccupano e non poco gli incrementi in fasce d’età più basse, in particolare fino ai 9 anni di vita.
Interessante (e preoccupante) il dato sui reati perpetrati tramite la rete e, in particolare, i social network. In tal senso, il crimine più diffuso sulle piattaforme online è la sextortion: una forma di ricatto (anche monetario) per non divulgare contenuti a sfondo erotico. Una pratica che inizia, appunto, con il ricatto, ma che poi spesso si tramuta in harrassment (molestie sessuali) e stalking.
In Italia sono 1500 i casi di sextortion (chissà quanti i “reali”, perché non tutti\e denunciano) e le vittime sono soprattutto uomini. Più ricorrente nei confronti delle donne, invece, la condivisione non consensuale di immagini o video intimi: 264 casi e 200 denunce nel 2024.
I consigli
All’interno dei vademecum di buon comportamento presenti sulle piattaforme di dating si riduce tutto a un elenco di consigli piuttosto banali: non inviare foto e video erotici a persone sconosciute o da poco conosciute, mai dare il proprio indirizzo di casa, mai farsi accompagnare in automobile al primo appuntamento.
Consigli buoni e giusti, ma non basta se a mancare è l’educazione sessuale e sentimentale. In primis per gli adulti, e di riflesso per le nuove generazioni. L’incessante ricerca di nuove esperienze - tipica di un mondo che viaggia a velocità 2x- e il continuo bisogno di esposizione, sottopongono più facilmente la psiche umana ai pericoli della rete. L’assenza di un'adeguata cultura su temi così rilevanti e attuali – con l’Italia che resta uno dei pochi Paesi in Europa a non inserirli nei programmi scolastici– invita a riflettere profondamente sul modo in cui ci relazioniamo con l'altro.
«L’educazione sentimentale (e di conseguenza quella sessuale, ndr) non deve essere un galateo, un manuale di buone maniere da seguire senza capire. Si tratta di farsi delle domande, cercando di riconoscere quello che i ragazzi sentono, di definire le emozioni che provano: è una sorta di educazione al pensiero, che insegna a fare caso ai propri sentimenti, alle proprie pulsioni». Si è espressa così lo scorso settembre a Vanity Fair la scrittrice e opinionista Maura Gancitano. Parole illuminanti e riferimento all’educazione al pensiero, che contrasta con l’esasperata ottimizzazione dei tempi odierna.
Non è un caso, allora, se la cosiddetta Generazione Z avverte con maggiore intensità il bisogno di ricorrere alla psicoterapia. Questa consapevolezza è significativa, poiché dimostra che le emozioni sono ancora vive e presenti, ma deve essere sostenuta da interventi sistemici e istituzionali più incisivi. Iniziative che (ri)mettano al centro la crescita dell’individuo e il valore delle sue relazioni con l’Altro.