«Considerata la gravità dei fatti che possono essere unificati in continuazione e concesse circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata aggravante, atteso che la biografia penale reca tre precedenti assai risalenti nel tempo stimasi congrua la pena di 1 anno e 6 mesi». È questa la conclusione a cui giunge il Tribunale di Catanzaro (presieduto da Alessandro Bravin) nelle motivazioni della sentenza che hanno condotto lo scorso gennaio alla condanna nei confronti dell'ex presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini

Multopoli e Catanzaropoli

Il politico catanzarese risultava, infatti, imputato nei due procedimenti penali denominati Multopoli e Catanzaropoli poi riunificati riguardanti sia un sistema di annullamento dei preavvisi di contestazione delle infrazioni al codice della strada che dinamiche connesse all'affidamento di incarichi fiduciari da parte dell'ente comunale. In particolare, Domenico Tallini rispondeva del reato di falso in ordine all'annullamento di due preavvisi di contestazioni.

Il trasgressore è andato in farmacia

Il primo elevato il 12 marzo 2013 e poi annullato «senza ricorso in autotutela recando il verbale un'aggiunta a verosimile grafia diversa dall'originario sottoscrittore che attestava "sosta breve, il trasgressore si è fermato per andare in farmacia"».

Della vicenda però si era occupato direttamente Domenico Tallini, all'epoca dei fatti consigliere comunale a Catanzaro, il quale aveva contattato Salvatore Tarantino, ufficiale della polizia municipale. «Il contatto telefonico oggetto di captazione tra i due imputati - si legge nelle motivazioni della sentenza - è di solare evidenza: Tallini indica il numero del preavviso di contestazione e, di contro, Tarantino garantisce di preoccuparsi della vicenda. Non v'è cenno a giustificazioni di sorta, ove mai davvero rilevanti, semplicemente Tallini si preoccupa di individuare il nome del vigile urbano che ha formato l'atto».

Ragione inesistente

«L'aggiunta della giustificazione addotta è posticcia - dunque apparente e falsa - e non rileva chi l'abbia materialmente vergata perché certamente trattasi di un annullamento che rinviene dall'accordo tra Tallini e Tarantino, che sono quindi determinatori materiali». Per il giudice «è provata la condotta di falso consapevolmente consumata, posto che per annullare il preavviso di accertamento Tarantino su mandato di Tallini aveva attestato o fatto attestare, in spregio ai limiti sanciti in materia di poteri di autotutela in una fase cronologicamente successiva a quella di formazione dell'atto pubblico, la ricorrenza di una ragione giustificativa inesistente o comunque irrilevante».

L'auto di Tallini

Il secondo caso riguarda, invece, l'annullamento di un preavviso di contestazione elevata nei confronti dell'autovettura di Domenico Tallini parcheggiata in zona riservata ai taxi in piazza Prefettura, preavviso che risulta annullato con la motivazione "auto con autorizzazione regionale"; in realtà, il pass non era valido per questa tipologia di parcheggio. «Il dato contenutistico offerto dalla conversazione intercorsa tra Tallini e Tarantino è inequivoca - rileva il collegio -. Il primo chiama il secondo con tono alterato, declina le ragioni della contestazione di infrazione, non nega la natura abusiva del suo comportamento evocando semmai che troppo spazio è dedicato al parcheggio dei taxi, censura l'ineducazione - quasi che si trattasse di libero comportamento e non anche di adempimento del dovere - del vigile urbano, pretende l'intervento di Tarantino che prontamente si rende diligente, evoca unilateralmente l'esposizione del pass, peraltro affatto inutile ad evitare l'infrazione».

La partita Catanzaro Ascoli

Assolto, invece, il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, anche lui coinvolto nel procedimento per aver annullato alcuni verbali alle auto in sosta in occasione della partita di calcio Catanzaro Ascoli. In quel caso era intervenuto direttamente il sindaco, che aveva successivamente contattato Tarantino. «È evidente che a prescindere dalla capacità derogatoria della prassi e dagli usi, l'annullamento in autotutela sia stato adottato in favore di soggetti affatto sconosciuti per far fronte essenzialmente ad esigenze di consenso politico, in ogni caso al di fuori di ogni cointeressenza con i soggetti beneficiati, sì da risultare macroscopicamente difettante il requisito del dolo».