Chiesa calabrese in fermento. Un’affermazione testimoniata dal trasferimeto del monsignor Giuseppe Schillaci, vescovo di Lamezia Terme. Un addio che segue quello dei colleghi Luigi Renzo, a capo della curia vescovile di Mileto-Nicotera-Tropea nella provincia di Vibo, e Vincenzo Bertolone, presule della diocesi Catanzaro-Squillace, i quali avevano invece deciso di fare un passo indietro rispettivamente a luglio e settembre 2021. Nove mesi circa, quindi, che hanno scandito una lunga serie di avvicendamenti fra i prelati della regione. Notizia inedita, anche se non sufficiente a dar corso a dietrologie come peraltro raccomandato stamani in occasione del saluto a monsignor Schillaci del vicario generale lametino don Pino Angotti. Che ha preso la parola dal pulpito, davanti a una Cattedrale della città della Piana gremita in ogni ordine di posto con in prima fila - fra gli altri - il sindaco Paolo Mascaro. Qualsiasi congettura, sempre secondo don Angotti, è da considerarsi un «esercizio inutile». Questo il parere del vicario espresso, forse non a caso guardando dritto nella direzione del suo vescovo, a cui ha rivolto sentite frasi di commiato: «L’abbiamo accolta tre anni fa e ora siamo tristi nel salutarla. Ma Dio sa cosa fa».

Un forte incoraggiamento, dato avendo probabilmente visto - al pari dei fedeli presenti - uno Schillaci molto provato. Considerazione testimoniata dalla voce del presule in alcuni frangenti rotta dalla commozione mentre rivolgeva l’arrivederci alla sua gente. Un’emozione che ha dato luogo a frequenti applausi di affetto e gratitudine. Il medesimo sostegno, lo si ribadisce, manifestato da don Angotti, che ha oltretutto spiegato: «La Fede è molto più semplice di qualunque ragionamento. E basta pensare che le nostre strade si appartengono, e si apparteranno per sempre, per non dover aggiungere altro. La Chiesa lametina, dunque, adesso farà ancora di più. Si eviti, però, di giocare al toto-vescovo (riferito ai pronostici sul nome del successore di Schillaci, ndr) o di formulare ipotesi. Vi sarà comunicato tutto al momento opportuno. Diamo solo il tempo al vescovo di stare tranquillo in attesa dei saluti istituzionali. Mi comporterò così anch’io, perché se il vicario potesse dire ciò che ha nel cuore chissà quante cose belle verrebbero fuori. Ma le tengo custodite, aspettando di far sbocciare fiori meravigliosi da ogni pensiero». Come premesso, tuttavia, prima di lui un visibilmente commosso Schillaci aveva fatto alcune riflessioni.

Il presule ha infatti asserito: «Ho sentito alcuni vescovi, che mi ha fatto tanto piacere conoscere come, in particolare, un figlio di questa Chiesa: monsignor Mario Milano. Ma, del resto, il prete non è prete per sé. Viene dal popolo e serve il popolo. Ora, quindi, c’è un cammino, sinodale, da proseguire. Perché la Chiesa è comunione, missione e partecipazione. Io fra poco tornerò nella mia Sicilia e anche lì dovrò portare questi concetti. A voi, però, chiedo di pregare per il nuovo presule, che non tarderà ad arrivare. Chiediamo dunque a Dio che sia un pastore capace di guidare la diocesi lametina e ai nostri Santi protettori, Pietro e Paolo, di intercedere. Pregate però pure per me affinché il Signore mi permetta di rimettermi in marcia con coraggio e umiltà. Perché – ha concluso – con una citazione di San Paolo VI del 30 giugno 1974, ripeto che “non si concepisce un vescovo non votato all’amore di Dio nella sua più ampia accezione”».