Gran parte dei genitori non ha mandato i figli a scuola: i bambini restano a casa ma non possono usufruire della didattica a distanza
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Non è bastata la decisione del Tar della Calabria a far tornare in classe gli alunni crotonesi. Questa mattina, le aule degli istituti scolastici della città erano quasi completamente vuote. Una situazione prevedibile, visti i commenti che molti genitori avevano affidato ai social dopo aver appreso la notizia della sospensione dell’ordinanza del sindaco, Vincenzo Voce, che disponeva lo stop della didattica in presenza fino al 22 dicembre, a causa dell’emergenza sanitaria in corso.
Scuole aperte, aule vuote
Un provvedimento, quello firmato dal primo cittadino di Crotone il 7 dicembre scorso, assunto dopo un confronto con i dirigenti scolastici, l’Asp e i rappresentanti dei genitori. Ma evidentemente non tutte le famiglie erano d’accordo: 25 cittadini rappresentativi di 13 nuclei familiari si sono rivolti al Tar per chiedere il ritorno in aula. Il Tribunale amministrativo ha dato ragione ai ricorrenti e ha disposto il rientro in classe. Tutto inutile: la gran parte dei bambini è rimasta a casa, senza poter usufruire, tra l’altro, della didattica a distanza. All’istituto comprensivo “Giovanni XXIII”, ad esempio, sono entrati meno di 20 bambini, situazione simile anche alla “Vittorio Alfieri” e nelle altre scuole della città
Rientro in sicurezza
Le scuole resteranno dunque aperte fino al 22 dicembre ma, a questo punto, la regolare ripresa delle lezioni non riprenderà che dopo le festività natalizie. Tutto dipenderà anche dall’evoluzione della situazione epidemiologica nel Paese. Uno screening di massa sulla popolazione scolastica per il rientro in sicurezza è impraticabile, ha già fatto sapere l’Asp di Crotone durante la Conferenza dei sindaci, venerdì scorso: meglio intervenire tempestivamente sul contenimento dell’eventuale contagio.
Intanto, su Change.org è stata lanciata una petizione online per chiedere al sindaco Voce di impugnare la sospensiva innanzi al Consiglio di Stato, a tutela della pubblica salute che - sostengono gli oltre 1200 sottoscrittori - «è un bene pubblico e non si baratta con una legge».