Importante principio enunciato dai giudici amministrativi reggini dopo il diniego della Soprintendenza archeologica riguardante un immobile che sorge nel territorio di Pellaro sottoposto a vincolo paesaggistico. Accolte le tesi dell’avvocato Iofrida
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In assenza di vincolo diretto, la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio non può opporsi alla demolizione e fedele ricostruzione di un fabbricato. È questo l’importante principio affermato dal Tar di Reggio Calabria, che ha accolto il ricorso di un cittadino patrocinato dall’avvocato Domenico Iofrida. L’episodio esaminato dai giudici amministrativi reggini riguarda il corretto rispetto del vincolo paesaggistico esistenza nella periferia sud di Reggio Calabria e, nello specifico, nel quartiere di Pellaro.
La vicenda
Tutto nasce dalla presentazione di una Scia per un intervento di ristrutturazione, mediante demolizione e ricostruzione, di un fabbricato sito a Pellaro. L’area di intervento è sottoposta a vincolo paesaggistico e così il proprietario presenta domanda di autorizzazione paesaggistica secondo quanto previsto dalla legge. La Città metropolitana rilascia parere favorevole ritenendo che «le trasformazioni conseguenti alla realizzazione delle opere sopra descritte non inducano effetti pregiudizievoli alle valenze paesaggistiche riconosciute dal vincolo e che non sia negativo l’impatto percettivo sul contesto contermine e sulle sue componenti ambientali».
Tuttavia, la Soprintendenza dà parere negativo, affermando come il fabbricato oggetto d’intervento faccia parte del «tessuto storico del centro abitato di Pellaro ed è testimonianza dell’originaria facies architettonica dell’ambito in esame, antecedente ai rifacimenti e alle modifiche recenti visibili anche nelle immediate vicinanze e che lo stato di conservazione delle strutture, nonostante il degrado dettato da incuria e abbandono, consente il mantenimento dell’esistente». Tale intervento, secondo la Soprintendenza, dunque, determinerebbe la «perdita totale di una testimonianza di architettura locale identificativa del contesto paesaggistico di riferimento che questo Ufficio intende tutelare».
La decisione del Tar
Il Tribunale amministrativo regionale, però, non ha ritenuto valide le argomentazioni addotte dalla Soprintendenza e, in accoglimento della tesi sostenuta dall’avvocato Iofrida, ha annullato il provvedimento di diniego, rimarcando come la posizione della Soprintendenza non appaia coerente con le esigenze sottese all’apposizione del vincolo paesaggistico sull’area oggetto dell’intervento proposto. Con Decreto del Ministero per i beni culturali e ambientali del 10 febbraio 1976, infatti, la zona di Pellaro è stata dichiarata di notevole interesse pubblico «perché caratterizzata da una particolare lussureggiante vegetazione arborea, costituita in prevalenza da agrumeti a diretto contatto del mare, che determinano un peculiare e tipico aspetto del pittoresco paesaggio reggino, avente eccezionale valore estetico tradizionale».
Tale vincolo comporta, ai sensi del suddetto decreto, «l’obbligo da parte del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo, dell’immobile ricadente nella località vincolata, di presentare alla competente soprintendenza, per la preventiva approvazione, qualunque progetto di opere che possano modificare l’aspetto esteriore della località stessa». Se ne trae, dunque, come nessun vincolo diretto grava sul fabbricato oggetto della proposta progettuale. L’intervento in questione consiste nella demolizione e ricostruzione del fabbricato mantenendo sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente, senza aumento di volumetria. A ciò si aggiunga come si tratterà di una «fedele ricostruzione» del fabbricato originario di cui verranno mantenuti gli esistenti ornamenti e decori senza alterare l’impatto dell’edificio sul territorio. Secondo i giudici amministrativi reggini «nel caso specie, come chiarito, non è in discussione che l’intervento di demolizione e ricostruzione del fabbricato sia effettuato mantenendo le caratteristiche precedenti. Anche sul prospettato «mantenimento dell’esistente», da parte della Soprintendenza, il Tar è di avviso diverso, in quanto, come emerge dalle relazioni sulle indagini geologiche e geognostiche, «la scelta progettuale di ricorrere alla ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione è dettata da una preliminare analisi dell’esistente, caratterizzato da elevata vulnerabilità sismica». Ne deriva, dalle attuali condizioni dell’edificio, un pericolo di crollo.
Alla luce di tutto ciò, il Tar ha annullato il provvedimento impugnato dal ricorrente, accogliendo il ricorso e sposando le tesi sostenute dall’avvocato Iofrida.