Il caso sollevato dagli avvocati di un imprenditore di Crotone. I giudici amministrativi hanno stabilito che l'isolamento domiciliare non può essere imposto dalle ordinanze regionali ma solo dal Comune di residenza che deve recepire e comunicare la decisione al diretto interessato
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Liberi fino a quando non verrà notificata loro l'ordinanza del sindaco che li pone in quarantena obbligatoria. Lo ha stabilito il Tar della Calabria per le centinaia di cittadini che, in seguito ai controlli scattati per l'emergenza coronavirus, sono stati fermati e 'mandati a casa' dalle forze di polizia per sottoporsi alla quarantena obbligatoria di 14 giorni che il presidente della Regione Calabria, con un'ordinanza del 20 marzo, ha imposto ai trasgressori del divieto di uscire per validi motivi.
È stato il presidente del Tar Calabria ad esprimersi in tal senso nel decreto urgente richiesto dagli avvocati Sandro Cretella e Francesco Verri che hanno reclamato la sospensiva e poi l'annullamento dell'ordinanza regionale per conto di un imprenditore crotonese che si trovava fuori casa per documentate ragioni di lavoro ma, nell'occasione, aveva ritirato anche un oggetto da consegnare ad un'altra persona. In pratica, secondo quanto segnalato dai due legali, mentre l'ordinanza della Regione stabilisce che "ai trasgressori" dei divieti si applica la «misura immediata della quarantena obbligatoria per 14 giorni» e le forze di polizia invitano, di conseguenza, il soggetto fermato a fare immediato rientro a casa con tanto di diffida scritta, le ordinanze di obbligo della misura vengono emesse e notificate dai Comuni diversi giorni dopo e diventano effettive dalla notifica.
Succede quindi che i cittadini "scontano" più dei 14 giorni di quarantena. Il giudizio promosso dagli avvocati Cretella e Verri punta a ottenere dal Tar il riconoscimento dell'assoluta illegittimità dell'ordinanza regionale, che impone una misura limitativa della libertà personale ai trasgressori di un divieto risolvendosi in una sanzione sostanzialmente penale in violazione della riserva di legge e di giurisdizione prevista sia dalla Costituzione che dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. «Solo una legge statale - spiegano i due difensori - può prevedere, infatti, la 'detenzione domiciliare' e solo un giudice può applicarla per mezzo di un procedimento garantito». Di questo il Tar della Calabria si occuperà nell'udienza già fissata per il 6 maggio.