Un cognome ingombrante, un peso per lei che sognava una vita lontana da vicende di ‘ndrine, di malavita e criminalità. Sarebbe stato questo malessere ad avere soffocato la voglia di vivere di Maria Rita Lo Giudice, 25 anni, nipote del boss e pentito Nino, che domenica mattina alle sei e cinquanta ha deciso di lanciarsi nel vuoto dal secondo piano della sua abitazione di Reggio Calabria. Di questa vicenda ha parlato questa mattina anche il procuratore Federico Cafiero De Raho.

 

«Dalle indagini emerge al momento che la ragazza sentiva su di sé il peso di quel nome di ‘ndrangheta, era qualcosa che intaccava la sua onestà. È un fatto doloroso e al contempo gravissimo. Se è vero che la raggazza – ha dichiarato il procuratore De Raho - si è tolta la vita perché la sua onestà non riusciva a superare l’origine ma anche l’accettazione da parte della società, è evidente che il pregiudizio non consentirà mai a questa società di superare la ‘ndrangheta. E questo fatto deve insegnare a tutti com sia indispensabile che ognuno faccia qualcosa per sostenere le persone che decidono di intraprendere un percorso di questo tipo».