«Nella notte del 4 novembre una motovedetta della Capitaneria di Porto ha salvato, in condizioni operative molto difficili, 80 migranti che ora sono al Porto delle Grazie assistiti con cura dalla macchina dei soccorsi. Dal 26 ottobre sono stati molte le operazioni di soccorso in Calabria e in Sicilia. E da quel giorno nel Mediterraneo sono state salvate 6.200 persone».

Torna a parlare dopo un po’ di tempo di migranti il sindaco di Roccella Vittorio Zito. Il giorno giorno dello sbarco “controllato” di Catania, mentre nello scalo del piccolo centro jonico resta alta l’attenzione per un flusso umano che non conosce interruzioni neanche durante le tempeste di scirocco, Zito sceglie, da sindaco “in trincea”, di prendere posizione contro la polemica dei “porti chiusi”.

«Ai cittadini si deve parlare il linguaggio della verità – scrive il sindaco sui suoi profili social –  Anche se è complesso e scomodo. E quindi credo si debba dire una volta per tutte agli italiani che non è possibile per il nostro Paese venire meno agli obblighi di soccorso in mare. E finirla con la barzelletta dei porti chiusi che chiusi non possono essere. E non lo saranno nemmeno questa volta».

A sostegno della sua tesi, il sindaco ricorda il caso della Christina V, mercantile delle isole Marshall «che la mattina del 30 ottobre ha sbarcato a Trapani 147 naufraghi siriani soccorsi in un tratto di mare tra la Cirenaica e Creta. Con il placet delle autorità italiane. Perché non si impone alle Isole Marshall di farsi carico dei migranti? Cosa differenzia il comportamento del comandate della Christina V da quello del comandante della Ocean Viking al quale invece è impedito lo sbarco a Trapani? Forse il fatto che la Christina V appartiene ad una compagnia di navigazione, mentre la Ocean Viking ad una Ong?».

Doppia strada

Un richiamo alla responsabilità da parte di tutti quello di Zito, che invita le istituzioni italiane ed europee ad uscire fuori dai recinti della retorica ideologica tra chi dice «facciamo entrare tutti» e chi sostiene la tesi «respingiamoli tutti». Fermo restando la divisone che andrebbe fatto tra soccorso e accoglienza.

«Perché il primo equivoco da risolvere è proprio questo: a Roccella non ci occupiamo di accoglienza, ma di soccorso. E si deve ricordare sempre che una, tre, cento o duecento persone che si trovano in pericolo a mare sono innanzitutto naufraghi e poi migranti. Poi una cosa è il soccorso e altra è l’accoglienza e il diritto al non respingimento. Piuttosto che rifiutare il soccorso (che compete a noi e non ad altri) sarebbe forse più utile pretendere una profonda revisione delle regole vigenti, che consenta finalmente, vista la natura del fenomeno, di qualificare, nel caso dei migranti, il porto sicuro di approdo come porto d’Europa e non d’Italia. E rivedere le attuali procedure di identificazione, respingimento e avvio del percorso di accoglienza che sono non idonee (perché troppo lunghe) a garantire i diritti dei rifugiati e inutili (perché dettate per altri scopi) per accogliere i migranti economici, che sanno benissimo di non avere diritto alla accoglienza, ma non hanno alcuna alternativa di entrata in Italia».