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Una complessa indagine coordinata dalla Procura di Lamezia che abbraccia un arco temporale di nove mesi e ha portato all’identificazione di otto soggetti ritenuti componenti di una rete di spaccio attiva nei comuni di Lamezia, Pianopoli e Serrastretta. L'operazione, denominata "Zona franca", condotta dai militari del Nucleo Investigativo del Gruppo e della Compagnia di Lamezia Terme, supportati dal Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, da personale della Compagnia di Intervento Operativo del Battaglione Calabria e da unità cinofile ha portato alla consegna di otto misure di custodia cautelare. Gli indagati, due dei quali sono stati condotti in carcere, sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di spaccio stupefacenti, detenzione, porto e utilizzo di ordigni esplosivi, detenzione illegale di armi e furto aggravato.
La rete di spaccio
Erano decine i tossicodipendenti che si rifornivano di marijuana e cocaina da Mario Gigliotti, detto “Faina”, che si occupava sia della consegna delle singole dosi che del coordinamento della rete di distribuzione territoriale degli stupefacenti. Ad occuparsi del mercato della marijuana erano Oguz Guzel e Pierfrancesco Nicotera, mentre lo smercio della cocaina era affidato a Giancarlo Mascaro e Luigi Gigliotti. I militari sono stati impegnati per mesi in una paziente attività di indagine fatta di intercettazioni, riascolti, servizi di appostamento e di riscontro che hanno permesso di documentare gli appuntamenti tra fornitori ed acquirenti, in cui si contrattava su prezzi e quantitativi della droga.
Ci vediamo per una “birretta”
L’intero traffico di stupefacenti era scandito da precise regole finalizzate ad aggirare qualsiasi tipo di controllo. Tentativi evidentemente vani di non essere intercettati dalle forze dell’ordine, che includevano anche il diffuso quanto poco efficace espediente della parola d’ordine. I membri dell’organizzazione concordavano gli appuntamenti per gestire il traffico di droga indicandolo come “birretta” e concordavano gli appuntanti con gli acquirenti per telefono.
A casa di uno degli indagati, Naiden Fiorenza, inoltre, è stato inoltre trovato un vero e proprio registro, nel quale venivano segnati con estrema perizia nomi, importi e appuntamenti. Sentendosi alle strette, l’uomo avrebbe inoltre incaricato il suo braccio destro, Ottavio Stranieri, di far esplodere un ordigno nei pressi della caserma dei carabinieri di Pianopoli. Pochi giorni dopo, Fiorenza, che aveva fatto perdere le sue tracce per qualche giorno allontanandosi dalla città, era finito in manette per aver sparato in strada al culmine di una lite con uno zio. L’analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza avevano portato, a stretto giro, all’individuazione e all’arresto del complice, Ottavio Stranieri.
Dalle conversazioni in carcere fra i due, erano emerse informazioni e dettagli sul posizionamento della bomba, sul possesso di altre armi e perfino sulla pianificazione di un omicidio per il quale era stata rubata una moto, rinvenuta dai Carabinieri.
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