Riaccende i riflettori sull’opera pubblica più importante del Vibonese, il blitz della Guardia di finanza che ha portato oggi al sequestro dei lavori di sistemazione idrogeologica del fosso Calzone e della raccolta delle acque bianche complementari ai fini della realizzazione del nuovo ospedale di Vibo Valentia. 

Un ospedale  la cui realizzazione è attesa da quasi un ventennio. Risale infatti al 2004 la posa della prima ed unica pietra della costruzione del nuovo ospedale di Vibo Valentia in località “Cocari”. Un anno dopo, però, scattava l’operazione “Ricatto” della Procura di Vibo che, con l’allora pm Giuseppe Lombardo – oggi procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria – ed il luogotenente dell’Arma, Nazzareno Lopreiato, hanno scoperchiato un vasto giro di malaffare, corruzione e tangenti intorno alla costruzione della nuova opera pubblica. Il Consorzio pugliese che si era aggiudicato la gara d’appalto si è rivelato – come sancito anche da diverse sentenze dei giudici amministrativi – una “scatola vuota”, priva di uomini e mezzi per realizzare il nuovo nosocomio.

Gli interessi attorno alla costruzione dell'ospedale

L’inchiesta, finita anni dopo fra assoluzioni e prescrizioni, ha portato alla luce anche gli interessi politici illeciti intorno alla costruzione del nuovo ospedale, pensato su un sito non idoneo ed a rischio idrogeologico. Lo stesso sito rimasto immutato sino ad oggi, con conseguente previsione di nuovi cospicui fondi per portarlo in una situazione di normalità e sicurezza. Nelle pieghe dell’inchiesta “Ricatto”, anche il tentativo del clan Lo Bianco di inserirsi nei subappalti dei lavori per la costruzione del nuovo ospedale. Le opere sequestrate nelle scorse ore, finanziate con il fondo del Ministero dell’Ambiente per la mitigazione del rischio idrogeologico del fosso Calzone e qualificate dalla Regione Calabria come strumentali alla realizzazione del nuovo ospedale, non risulterebbero conformi al progetto ma avrebbero addirittura aggravato, come sarebbe certificato da una perizia richiesta dalla Procura di Vibo Valentia, il rischio idrogeologico.

Il rischio esondazione e il sequestro odierno

Le opere avrebbero ampliato la portata del canale aumentando l’affluenza delle acque nel dissestato bacino del fosso, già compromesso dai gravi eventi alluvionali del 3 luglio del 2006. A seguito di tali eventi era stato previsto uno studio idrografico, il cosiddetto “Piano Versace”, realizzato dalla Regione Calabria, volto a preservare la zona da eventuali nuove costruzioni, proprio in virtù della pericolosità idraulica dell’area. Il pericolo delle nuove consisterebbe, soprattutto, nel rischio di esondazione delle acque meteoriche dal fosso. Le indagini hanno consentito, altresì, di accertare l’affidamento diretto dei lavori, per un importo di oltre tre milioni di euro, alla medesima società Vibo Hospital Service s.p.a, di Rovigo, aggiudicataria dell’appalto principale di costruzione del nuovo ospedale, per un importo di circa 144 milioni di euro.
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