L'inchiesta de Le Iene ha svelato nuovi particolari raccontati da un tombarolo. La statua greca acquistata da un mercante d'arte sarebbe stata prima portata a Roma e poi venduta a compratori americani per una cifra stratosferica
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«È stata portata a Roma apposta per venderla...». Comincia così la clamorosa testimonianza rilasciata ad Antonino Monteleone delle Iene da parte di un appassionato di archeologia romano che frequenta tombaroli e mercanti d’arte con pochi scrupoli e che svelerebbe l'esistenza di un terzo bronzo di Riace trafugato all'epoca del ritrovamento delle statue e rivenduto a un museo privato degli Stati Uniti. In particolare, nell'intervista esclusiva andata in onda ieri sera su Italia1, l'uomo ha spiegato di conoscere un mercante, tra i più noti dell’ambiente, che avrebbe trattato l’acquisto di una statua pregiata in bronzo, proveniente dalla Calabria, per circa 400 milioni di lire per poi rivenderla agli americani per una cifra stratosferica.
«Un mercante che prendeva la roba e poi se la rivendeva, aveva i clienti buoni… una persona che conoscevo bene che gli era capitata in mano, sarà stato il ‘72-‘73…» racconta l'uomo, secondo cui la statua sarebbe stata portata a Roma «dentro la villa di un dottore che sta a Casal Palocco, una bella villa e portano sto compratore… Uno che comprava coi soldi suoi, e… e poi se le rivendeva… agli americani, ai musei…». Secondo la descrizione fatta dal compratore al testimone «era la statua di un uomo a grandezza come una persona normale e non era una cosa di epoca romana ma greca, quindi importante... una statua greca qui a Roma, e non è facile trovarla, a Roma si trova qualcosa ma non di questa qualità, di questa dimensione… poi greca…la cosa più rara che c’è, specialmente di bronzo…».
Un enigma, quello delle famose statue, che s’infittisce ma non appassiona più di tanto i cittadini del piccolo comune della Locride. Nel tratto di spiaggia dove 47 anni fa si è scritta un’importante pagina di storia dell’archeologia italiana, a ricordare quella data non c’è nulla, neppure una targa. In paese poca voglia di parlare e affrontare l’argomento, anche tra chi oggi, un po’ avanti con l’età, ricorda il clamore che suscitò all’epoca la notizia. A ritrovare ufficialmente le due statue a 300 metri dalla spiaggia di Riace nell’agosto del ‘72 fu il sub turista Stefano Mariottini. Eppure tra i testimoni oculari c’è chi giura che sia stata raccontata soltanto una parte dei fatti. Secondo loro, a scorgere per primi in mare le statue furono quattro ragazzi di Riace, che ne denunciarono la scoperta alla Guardia di Finanza di Monasterace. Altrettanto fece Mariottini, ma presso la Soprintendenza reggina. Ci fu una causa e la spuntò quest’ultimo, a cui venne anche assegnato un premio dal Ministero di 125 milioni delle vecchie lire. Nella denuncia alla Soprintendenza Mariottini parla genericamente di un gruppo di statue, una delle quali indicata con «viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto all'altra». Nessuna delle due statue esposte al museo di Reggio Calabria presenta però tali caratteristiche.
Sempre nella denuncia di scoperta si parla di uno scudo e di una terza statua con elmo, di cui non vi è mai stata traccia. Le prime voci ufficiali sui furti di corredi delle due statue greche più famose del mondo si diffusero qualche anno dopo il rinvenimento. Ne danno conto i carteggi della sovrintendenza ai beni archeologici calabrese, raccolti nel libro-inchiesta di Giuseppe Braghò.
Quel giorno sulla spiaggia di Riace c’era anche la signora Anna Diano di Siderno, ora defunta, la quale raccontò di aver visto uscire dal mare due pescatori in muta con in spalla un enorme scudo bronzeo e una lancia. «Scudi, lance ed elmi furono venduti a più compratori –racconta Braghò - Il probabile “terzo” bronzo secondo indiscrezioni pare sia stato acquistato dal Getty Museum».