VIDEO | Nella sua trasferta calabrese il titolare del Viminale ha fatto tappa nel cuore della Locride per l’assegnazione all’Arma dei carabinieri di un bene confiscato alla mafia. Ad accoglierlo solo divise e fasce tricolore. Occhiuto: «Malcostume che si batte con la presenza dello Stato»
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Una tappa con contorni più "operativi" e un tavolo tecnico, un'altra disegnata a favore di telecamera, con tanto di palco delle autorità e fanfara in alta uniforme. La mattinata nella Locride del titolare del Viminale, si è divisa in due tronconi: prima a Roccella sull'onda di un'emergenza che ha segnato l'arrivo, in questa prima parte di 2023, di oltre duemila persone in viaggio verso l'Europa sulla rotta turca, poi ad Africo, una cinquantina di chilometri più a sud, per l'inaugurazione della caserma dei carabinieri in un villone sfacciato sottratto ai clan. Due visite distinte, nella forma e nella sostanza.
Sotto il tendone
In agenda da tempo, la riunione al porto delle Grazie dovrebbe servire ad ottimizzare la risposta dello Stato ad una emergenza "istituzionalizzata" come quella che riguarda il flusso migratorio in arrivo sulle coste della Calabria jonica attraverso il Mediterraneo. La presenza di alcuni sindaci della zona - solo una manciata quelli invitati, nonostante la rotta, nel tempo, abbia coinvolto praticamente tutti i centri affacciati sul mare del Reggino - dovrebbe fissare i paletti per una ottimizzazione dei servizi di prima accoglienza, lasciati nel tempo sulle spalle della sola Roccella.
L'obiettivo, che sembra prossimo alla realizzazione, è quello di ottenere per Roccella un ruolo "codificato" sulla falsa riga di quanto succede a Lampedusa. Che in soldoni significa che la gestione delle migliaia di persone salvate e trasportate a Roccella per l'identificazione, dovrebbe passare, con la creazione dell'hotspot, direttamente sotto la direzione del ministero dell'Interno. Chiuso il tavolo con i sindaci, e dopo una puntatina a velocità sostenuta sotto la tenda di plastica in cui vengono ospitate le persone arrivate dal mare (in occasione della visita è stato ripulito a fondo l'intero piazzale da cui sono stati fatti sparire anche i panni che i migranti generalmente stendono sulle recinzioni, così come sono sparite le brandine che gli stessi ospiti sistemano sotto gli alberi per sfuggire alle temperature della tenda esposta al sole) Piantedosi è ripartito diretto verso Africo nuovo.
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Il villone hollywoodiano
Sottratto al clan dei Mollica da quasi venti anni, la storia del villone hollywoodiano di Africo è finalmente arrivata ad un punto di svolta. Tre piani con giardino affacciati sulla provinciale, la nuova caserma dei carabinieri copre un vuoto che il normale iter di riassegnazione dei beni confiscati non era riuscito a colmare. Già assegnata negli anni scorsi ad una associazione che si occupa di volontariato in questo pezzetto di Calabria, nessuno di fatto né aveva mai preso possesso. Solo adesso l'arrivo della caserma ha sbloccato le cose.
Dov'è Africo?
C'è la fanfara dei carabinieri ad attendere l'arrivo del ministro, mentre sul palco delle autorità - pieno come un uovo - si cerca riparo dal caldo feroce di questo scorcio d'estate. C'è il procuratore nazionale antimafia Melillo e i suoi colleghi di Reggio e Locri, c'è il comandante generale dei carabinieri, il vescovo e il governatore della Regione. Quello che manca è Africo. Tolte le decine di esponenti delle forze dell'ordine, i giornalisti e qualche sparuto curioso, ad attendere il taglio ufficiale del nastro, mancano i destinatari veri del nuovo presidio di Stato: gli abitanti. A gruppetti sparuti, gli africesi aspettano nella piazza del paesino, parlottando tra loro. Quasi nessuno si affaccerà per la cerimonia ufficiale.
Lo stesso copione che, una manciata di anni fa si registrò a Platì per l'inaugurazione della caserma dei carabinieri: anche in quel caso si trattava di un bene sottratto alla mafia; anche in quel caso mancò il paese che a seguire il taglio del nastro fu rappresentato solo da donne e bambini. E nemmeno i bambini dell'istituto comprensivo messi in fila dalle maestre, con tricolore d'ordinanza in mano, tolta qualche eccezione, vengono da Africo. Per la maggioranza fanno parte delle scuole di Brancaleone e Bruzzano. «I bambini della scuola dell'infanzia di Africo sono qui - taglia corto una maestra - ma devo ammettere che delle elementari ce ne sono pochi, non so perché». «Per adesso c'è lo Stato - dice il sottosegretario all'interno Wanda Ferro a LaC - poi arriverà anche il paese». «È una questione di malcostume che si batte solo con la presenza dello Stato - le fa eco il presidente Roberto Occhiuto -, bisogna battere sul piano culturale per invertire questa tendenza». Verso le 13, resta solo il grande palco da smontare. Poi, in questa viuzza a due passi sul mare, torneranno anche gli africesi.