È Luigi Masciari l’uomo dei clan di Isola Capo Rizzuto al Nord: per la Dda di Catanzaro sarebbe l’amministratore di molte imprese che rientrano nella rete della famiglia mafiosa e avrebbero permesso alla ’ndrangheta di accumulare un tesoro grazie a una serie di reati di natura finanziaria. È quasi un classico ormai: «La ’ndrangheta al Nord fa finanza», per dirla con il procuratore di Trento Sandro Raimondi. Per “fare finanza”, però, serve un retroterra che affondi le radici nella terra di origine del clan. L’inchiesta Blizzard-Folgore firmata dalla Procura antimafia retta da Salvatore Curcio si incarica di descrivere i contatti di Luigi Masciari con Isola Capo Rizzuto: imparentato per parte di madre con gli Arena e tramite la moglie con i Nicoscia. Seguono, poi, le «interazioni» con Antonio Francesco Arena, figlio di Pasquale “Nasca”, ritenuto – evidenzia l’ordinanza di custodia cautelare – (lo dichiara lui stesso in un’intercettazione) intraneo al locale di ’ndrangheta da 15 anni. E i contatti con professionisti di fiducia che si prestano alla «commissione di reati finanziari»: nella rete di Masciari ci sono commercialisti e broker che dispensano consigli.

L’indagato vicino alla ’ndrangheta di Milano

Altro co-indagato è Antonio Bruno, considerato dagli inquirenti vicino al clan addirittura dagli anni 80. È descritto dagli inquirenti come elemento di spicco della ’ndrangheta a Milano ed erede di Mimmo Pompeo. Il lungo stralcio di un’informativa racconta la figura di Bruno, nato a Isola Capo Rizzuto ma residente a Vernate e comparso nell’ottobre 2023 nell’inchiesta Hydra-Falco della Dda di Milano. In quell’attività di indagine per la prima volta Bruno viene «qualificato come un soggetto dedito a reati di natura finanziaria, contiguo ad ambienti mafiosi». Salto temporale: nel febbraio 2017 Bruno (all’epoca non compiutamente identificato) avrebbe partecipato al funerale di Mario Domenico Pompeo, considerato dagli investigatori un «noto esponente della ’ndrangheta milanese legato alla cosca Arena». La presenza viene richiamata perché alle esequie di Pompeo avrebbero partecipato rappresentanti delle famiglie Piromalli, Flachi, Tallarico e Pittella: pezzi da novanta.

«Al Nord c’è davvero la malavita»

Appartiene proprio a Bruno una delle intercettazioni simbolo dell’inchiesta, che compare nella richiesta di misure cautelari. L’uomo discute delle differenze tra la ’ndrangheta che opera al Sud e quella che “lavora” al Nord e spiega che la seconda è orientata agli affari e si tiene lontana da riti arcaici e piccole questioni bagattellari come la riscossione delle estorsioni. «Là c’è davvero la malavita, non qua; qua non è malavita. Là diritti e doveri, ma là fanno business». E giù l’elenco delle cose che si “fanno”: alberghi e società mentre al Sud «siamo rimasti alla putiga», cioè ai piccoli negozi: quisquilie rispetto alle grosse cifre che girano a Milano. È una conversazione che marca la distanza tra i clan che fanno i soldi veri e quelli che si accontentano di guardiania, giardinaggio e vendita della frutta nei villagi turistici in Calabria.

Masciari, da presunto uomo delle cosche al Nord, ha sposato la nuova via: infatti gli inquirenti sottolineano la sua ingente disponibilità di denaro, anche contante. Le banconote, segnala il gip, venivano suddivise in mazzette e conservate sottovuoto in buste di cellophane e nascoste a casa dei genitori dell’indagato. Si faranno pure i soldi veri, ma per tenerli al sicuro meglio fare affidamento sulla famiglia.