Centinaia di milioni di euro che le tesoriere tengono fermi per pagare crediti pignorati e anche in previsione di futuri pignoramenti in arrivo, causando mancanza di liquidità alle aziende sanitarie, con ulteriori ritardi nei pagamenti dei fornitori e conseguenti successive procedure esecutive. Un vero e proprio circolo vizioso. Un tesoretto che anziché essere investito in servizi sanitari sfuma fra sentenze e pignoramenti. Un circolo nel quale si buttano a pesce le società di factoring specializzate nell’insinuarsi nei meandri delle inefficienze delle aziende sanitarie calabresi, ma anche pool di avvocati specializzati in questo tipo di pratiche che operano in tutta Italia e addirittura sui loro siti internet pubblicano l’ammontare dei pignoramenti effettuati negli ultimi due anni.

Per capire meglio di cosa stiamo parlando c’è una delibera dell’Asp di Cosenza  del 2019 davvero significativa. L’atto autorizza la liquidazione di tre decreti ingiuntivi a favore di Banca Ifis Spa sulla base di una sentenza del Tar. Ebbene in questa delibera vengono liquidati oltre 2,3 milioni di interessi per ritardato pagamento e ben 182mila euro per rimborso spese legali. Ma la cosa grave è che l’Asp non si è mai opposta ai decreti ingiuntivi facendoli diventare esecutivi.

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Un caso più recente è una delibera dell’11 marzo scorso, sempre dell’Asp di Cosenza che si è vista recapitare un decreto ingiuntivo, dal tribunale di Tivoli, da 11mila 800 euro circa da pagare per fornitura di prodotti ortopedici. La ditta fornitrice aveva ceduto il credito ad una società di factoring, ma per fortuna l’Asp si è accorta che il pagamento era stato già effettuato. Nonostante questo, però, ha dovuto pagare 413 euro di interessi moratori e 3700 euro di spese legali. Piccole cifre, ma sempre risorse tolte all’offerta sanitaria.

Di fronte a questo caos soltanto nel 2022 l’allora commissario dell’Asp di Cosenza, Vincenzo Carlo La Regina istituì un gruppo di lavoro per la verifica del contenzioso relativo ai quattro anni precedenti. Una soluzione non certo definitiva perché l’altro grande problema delle nostre aziende sanitarie in questi anni è stata l’altissima rotazione di manager, molti dei quali non sono durati più di due anni. Prendiamo solo l’Asp di Cosenza. Dal 2018 al 2022 si sono succeduti ben sette commissari: Diego Sergio, Erminia Pellegrini, Aurora De Ciancio, Daniela Saitta, Giuseppe Zuccatelli, Cinzia Bettelini e appunto La Regina. Come avrebbero potuto in così poco tempo dare indirizzi gestionali certi?

Come abbiamo già scritto il fenomeno non è certo nuovo, ma risale nel tempo e vani sono stati i tentativi di porre un argine. Il primo a far esplodere questo bubbone è stato l’allora commissario al Piano di Rientro, Massimo Scura. Questi nel 2016, accortosi del vorticoso giro di fatture e cessione crediti, decise di capire fino in fondo come funzionava il meccanismo e diede mandato a tre finanzieri applicati al suo ufficio di svolgere accurate indagini.

Il risultato di queste indagini fu depositato alla Procura della Repubblica di Cosenza il 17 marzo del 2016, ma ad oggi senza esito, almeno da quanto ne sappiamo. Eppure il lavoro dell’unità di missione aveva fatto emergere circostanze curiose. Come quella relativa a una sentenza con cui un giudice aveva riconosciuto a un factor un importo superiore di un milione di euro rispetto a quello assegnato al privato convenzionato da cui aveva acquistato il credito. Sarebbe il classico caso di extra budget, ma il giudice però non si era accorto di questa circostanza e il tesoriere non ha potuto far altro che pagare.

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Ma il rapporto con i privati accreditati è solo un pezzo del grave contenzioso che mina le nostre aziende sanitarie. La fetta più grossa riguarda le società farmaceutiche dalle quali acquistiamo prodotti per un giro d’affari vicino ai 500 milioni di euro. Per questo il commissario Scura aveva deciso di arrivare ad un accordo con le società farmaceutiche, cristallizzato in un Dca (decreto del commissario ad acta) del 2018. L’accordo impegnava le aziende sanitarie a pagare entro 90 giorni le fatture e in cambio le società farmaceutiche si impegnavano a non cedere a terzi i loro crediti. Il Dca fu riproposto anche da Cotticelli negli anni successivi, ma non sappiamo se sia ancora in vigore.

Insomma da tempo il nostro sistema sanitario prova ad arginare questa sorta di assalto alla diligenza con sistemi più o meno efficaci. Ma non c’è mai riuscito del tutto come dimostra l’inchiesta della Procura di Milano che ha mandato fin quaggiù uomini della Guardia di Finanza ad acquisire faldoni e documenti.