Il giudice della Corte d'Appello coinvolto nell'inchiesta Genesi, rivela di aver ricevuto una dazione di denaro dal sindaco di Rende, per assolvere il reggente della 'ndrina cosentina dall'accusa di aver ordinato l'omicidio di Luca Bruni. In primo grado era stato condannato a trent'anni, pena che stava scontando al 41 bis
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Le dichiarazioni rese dal giudice Marco Petrini ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno lo scorso 25 febbraio, tirano in ballo anche il sindaco di Rende Marcello Manna, nelle sue funzioni di avvocato di Francesco Patitucci, boss delle 'ndrine cosentine, divenuto reggente della cosca cosiddetta degli italiani dopo gli arresti di Ettore Lanzino e Gianfranco Ruà.
L'omicidio di Luca Bruni
Proprio Marco Petrini ha emesso lo scorso 4 dicembre, la sentenza d’Appello con la quale ha mandato assolto Patitucci dall’accusa di essere uno dei mandanti dell’omicidio di Luca Bruni, figlio di Bella Bella assassinato il 3 gennaio 2012 a Orto Matera di Castrolibero, i cui resti vennero ritrovati soltanto due anni più tardi a seguito delle rivelazioni dei pentiti Adolfo Foggetti e Davide Lamanna.
Sentenza ribaltata
In primo grado a Patitucci era stata inflitta una condanna a trent’anni di carcere, in seguito alla quale il procuratore distrettuale di Catanzaro Nicola Gratteri, aveva anche ottenuto dal Ministro della Giustizia, il benestare per infliggere al boss cosentino, l’applicazione del 41 bis, il cosiddetto carcere duro, spedendolo dalla casa circondariale intitolata a Sergio Cosmai a quella di Viterbo.
Verbali coperti da omissis
Nell’interrogatorio reso a febbraio scorso davanti ai giudici salernitani, Petrini rivela di aver incontrato Marcello Manna il 30 maggio 2019 nel proprio ufficio presso la Corte d’Appello di Catanzaro. Petrini, di quel colloquio, rende ai magistrati un racconto particolareggiato, che si protrae per oltre un’ora. E deve trattarsi di dichiarazioni scottanti, racchiuse in oltre 120 pagine di verbale, tutte secretate. Tuttavia emerge con chiarezza l'esistenza di un accordo per aggiustare un processo terminato il 4 dicembre 2019, data appunto in cui Patitucci viene assolto.
Il coinvolgimento di Gullo e Cosentino
Che Petrini parli di un presunto patto corruttivo con Manna per liberare Patitucci si evince anche da un altro passaggio delle dichiarazioni rese dal giudice, da cui emerge che anche un altro componente del collegio difensivo di Patitucci, l’avvocato Luigi Gullo, sarebbe stato al corrente dell’accordo. A Gullo, Petrini avrebbe chiesto il versamento di una somma di denaro anche per il giudice a latere Fabrizio Cosentino, il quale, riferisce Petrini, era consapevole dell’accordo corruttivo per mandare assolto Patitucci.
Le ritrattazioni di Petrini
Nel successivo interrogatorio del 17 aprile però, Petrini innesta la retromarcia, scagionando il giudice Cosentino: «Escludo che fosse parte dell’accordo corruttivo» dichiara, riferendosi sia al caso Patitucci sia ad un altro caso, quello di Antonio Ioele, per il quale Petrini afferma di aver ricevuto da Marcello Manna la somma di 2.500 euro per disporne il dissequestro dei beni. L'imprenditore, titolare tra l’altro di una concessionaria di automobili, era coinvolto in una indagine per bancarotta fraudolenta.
La richiesta dei soldi
Ioele era già stato condannato per il reato finanziario. «In occasione della trattazione dell’appello – riferisce Petrini – Manna venne a parlarmi rappresentandomi che la questione era molto delicata e sollecitando la mia attenzione. Io gli risposi che sarei stato disponibile ad accogliere l’appello dietro versamento di una somma di denaro. Il Manna non ebbe particolari reazioni alla mia proposta e si dichiarò disposto ad accontentarmi. Non avevo notizie del fatto che in precedenza Manna avesse mai versato somme di denaro ai giudici per ottenere provvedimenti di favore. Semplicemente ci provai, sperando che le cose andassero bene».
Lo scetticismo degli inquirenti
Su questo punto i magistrati della Dda di Catanzaro si mostrano scettici, poiché ritengono scarsamente attendibile che Petrini abbia rivolto la richiesta di denaro a Manna, correndo il rischio di essere denunciato dall’avvocato. «Venni retribuito successivamente alla adozione della decisione – afferma ancora Petrini riferendosi al caso Ioele – La somma di denaro mi venne consegnata qualche giorno prima della dazione che si riferiva al processo Patitucci» dice infine il giudice, confermando quindi di aver ricevuto un compenso per assolvere il boss della ‘ndrangheta cosentina.