Come preannunciato ieri, alle 10 di questa mattina i vigili urbani hanno ritirato le chiavi della sede dell'associazione dedicata a Federica Monteleone. Le lacrime dei familiari: «Gesto grave del sindaco»
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Il giorno dello sfratto è arrivato. Occhiali da sole, per nascondere le lacrime di rabbia e commozione. Stamattina Mary Sorrentino ha consegnato le chiavi della sede dell’associazione che porta il nome di sua figlia Federica, la studentessa di 16 anni di Vibo Marina morta nel 2007 durante un blackout in sala operatoria, divenuta simbolo delle vittime per malasanità. «Ciò che più mi fa soffrire - dice Mary - è che mia figlia è stata uccisa per l’ennesima volta dalle istituzioni».
Lei che a quell’assurda morte ha deciso di reagire dedicandosi al prossimo, ai più bisognosi. E così è nata la fondazione Federica per la vita Onlus che da 6 anni aveva trovato in uno stabile di Bivona, l’ex scuola elementare, la sua sede. Una missione interrotta dalla burocrazia. Il contratto di locazione del locale - contesto tra demanio e comune - è infatti scaduto oggi.
«Alle 10 di venerdì 29 giugno arriveranno i vigili urbani per ritirare le chiavi» avevano annunciato da Palazzo Luigi Razza. E così è stato. Con una puntualità svizzera, un’auto della polizia municipale si è presentata in Via del pescatore. Con non poco imbarazzo un ufficiale ha ritirato il mazzo di chiavi, dopo avere fatto firmare alla donna alcune scartoffie. All’epilogo di questa triste vicenda anche i genitori di Mary. Neppure loro sono riusciti a trattenere le lacrime.
«Il mondo ci è crollato addosso – dice il nonno di Federica - anche se ci siamo trasferiti in un’altra sede e continueremo a svolgere un servizio per le marinate, andando incontro alle esigenze dei bisognosi, ciò che ha fatto il sindaco è un gesto grave». Gli fa eco Mary: «Continuerò a portare avanti gli obiettivi che ci siamo prefissati nel nome di mia figlia». Perché questa non era solo la sede di un’associazione onlus, era la casa di Federica. Un punto di riferimento per tutti. Il luogo dentro cui si rifugiava una madre che in un vecchio edificio rimesso a nuovo trovava consolazione.