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«Ciccio Zerbi poteva essere salvato. Noi ne siamo quasi certi. Confidiamo nel lavoro della magistratura e dei consulenti perché questa nostra certezza diventi una certezza processuale». A dirlo alla nostra testata è l’avvocato Guido Contestabile, il legale della famiglia del calciatore Zerbi, il giovane di 34 anni originario di Polistena, morto nel maggio del 2014 in seguito ad un terribile incidente stradale avvenuto sulla strada statale Ionio-Tirreno all’altezza del viadotto Sciarapotamo.
È una un super perizia a “bloccare” la richiesta di archiviazione che la Procura di Palmi aveva avanzato al gip. Bisogna indagare ancora sulla morte di Francesco Zerbi, “Lupo”. Il legale di parte ha infatti depositato in Procura una consulenza del medico Massimiliano Cardamone che è al vaglio degli inquirenti. Ci sarebbe stata una negligenza medica da parte dei sanitari dell'ospedale di Polistena che hanno avuto in cura il calciatore 34enne. Questa è la tesi della difesa.
«Il nostro consulente- continua Contestabile- ha verificato- che se fossero state adoperati dei corretti protocolli medici, questo è il nostro punto di vista, e cioè se fosse stata effettuata una toracotomia esplorativa ci si sarebbe resi conto dell’emorragia che in quel momento il giovane Francesco stava subendo e correttamente intervenendo si sarebbe potuto certamente evitare l’esito finale, l’esito infausto». Al momento si procede contro ignoti. Adesso la Procura guidata da Ottavio Sferlazza valuterà la consulenza del perito della famiglia Zerbi. Occorre ricostruire eventuali ruoli e responsabilità del personale medico. Per la famiglia del bomber della Cittanovese si accede quindi nuovamente la speranza. «I familiari di Francesco Zerbi- conclude il legale- il collegio difensivo, il consulente di parte, hanno grande fiducia nell’operato della magistratura, non potrebbe essere diversamente. La richiesta dei familiari, perché questo sia chiaro, è solo una richiesta di giustizia. Vogliono solo sapere se Francesco Zerbi è morto per un fatto ineluttabile o se vi è stata negligenza e imperizia nel trattare la sua situazione sanitaria».