«Non è facile non sapere a distanza di oltre 10 lunghi anni perché lui non è più qui e noi, la sua famiglia, vogliamo capire e sapere per poi magari accettare perché lui è stato strappato a noi». Tre inchieste, tutte archiviate. Le ombre sul caso, però restano. E se si archivia l'indagine giudiziarie, non si archivia il dolore della famiglia e, con esso, il desiderio di verità della famiglia di Salvatore Verdura, poliziotto morto in circostanze misteriose nel 2011. Nel 2019 LaC Dossier, la rubrica d'inchiesta giornalistica ed approfondimento sui casi di cronaca nera, prodotta dalla redazione giornalistica di LaC Tv, si era occupata del caso.

Il poliziotto di Scordia, provincia di Catania, ex membro della scorta di Giovanni Falcone, fu trovato morto la mattina del 13 gennaio del 2011 in un'auto, ai bordi della Statale 106, nel territorio di Isola Capo Rizzuto. Vestiti imbrattati di sangue, una ferita all'orecchio, un'autopsia effettuata solo molti anni dopo: sono solo alcuni degli aspetti che non convincono la famiglia, che continua a combattere. «È morto un uomo che per trentatré anni ha servito lo Stato», ricorda il figlio Gaetano, l'ultimo a sentire Salvatore nel corso di una telefonata che il poliziotto siciliano dovette interrompere bruscamente. Perché? Da qui, a ritroso, tutta una serie di interrogativi mai dipanati: dieci anni di domande senza risposte.

Gaetano è tornato a scrivere a nome della famiglia per chiedere «giustizia e verità». «Dicono che mio padre dal 13 gennaio 2011 non c’è più – si legge nella lettera - Noi, la sua famiglia, diciamo che Salvatore Verdura assistente capo della polizia, marito e padre di quattro figli, vive ancora, vive in ognuno di noi, vive nei nostri ricordi, vive nei nostri cuori, vive e vivrà sempre. Non è facile non sapere a distanza di 10 lunghi anni perché lui non è più tra di noi e noi vogliamo capire e sapere per poi magari accettare perché lui è stato strappato alla sua famiglia».

«Mio padre Salvatore Verdura – conclude Gateano Verdura – è stato un servitore dello Stato per 32 anni. E noi, da quello Stato che lui ha sempre servito per quasi tutta la vita, vogliamo sapere la verità, le cause della sua morte. È un nostro diritto sapere cosa sia realmente successo quella maledetta notte del 13 gennaio 2011 una notte che ha segnato profondamente la nostra vita. Tutta la mia famiglia chiede giustizia».