Domani, suo padre, deporrà, nell’aula bunker di Lamezia Terme. Luigi Bonaventura, storico collaboratore di giustizia, sarà il primo testimone dell’accusa a deporre nel maxiprocesso alla ‘ndrangheta Rinascita Scott. Una vigilia preceduta da un intervento pubblico del figlio dell’ex boss della malavita crotonese che con coraggio e convinzione, da oltre quattordici anni, ha abbracciato la causa della giustizia.

«Anche questa volta, come le altre, mi si riempie il cuore di preoccupazione - scrive Nemo Bonaventura, figlio di Luigi -. Preoccupazione che al suo ritorno, dopo il processo, possa succedere il peggio: come posso evitare di pensare ciò se tutta la nostra famiglia manca di protezione? Spesso la rabbia prende quasi il sopravvento, quando penso che forse, lasciati come siamo alla deriva e senza diritti, lo Stato non si meriti tutto ciò che per un collaboratore di spessore comporta partecipare ai processi».

Aggiunge Nemo Bonaventura: «Ma poi ripenso che quella di mio padre è una scelta, ed anche un dovere civico, e quindi è giusto. Un appello al presidente della Commissione antimafia Morra: non lasci da soli i collaboratori ed i familiari, faccia sentire la presenza dello Stato, dia l'esempio, incentivi così la collaborazione, e faccia applicare quelle leggi che, di diritto, dovrebbero garantire alla mia famiglia la necessaria protezione. Lo stesso appello - conclude Nemo Bonavenutura - è rivolto al presidente della Commissione centrale di protezione Vito Crimi».

Luigi, suo padre, è determinato: «Spero che il presidente Morra, come altre figure istituzionali, non resti indifferente. Più che i collaboratori, sono i nostri figli i veri eroi. Basterebbe la voce di tutti per far migliorare un programma di protezione obsoleto che sta facendo danni enormi a migliaia e migliaia di persone innocenti tra donne bambini e ragazzini. Un danno – conclude Bonaventura – anche alla lotta alla mafia».