Dalla tragica morte della sorella in mare, alla nuova vita a Riace fino al legame sentimentale con il sindaco. Anche lei coinvolta nell'inchiesta, ha scelto la via del silenzio non rilasciando alcuna dichiarazione
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«La mia compagna? E’ stata soltanto affettuosa amicizia. Lei ha la sua vita privata, io la mia». Di Lemlem Tesfahun Mimmo Lucano, nel suo primo giorno di libertà in esilio dopo la revoca dei domiciliari, parla al passato, tendendo a glissare ogni domanda sulla loro relazione. Per la donna etiope, indicata come la compagna del sindaco (sospeso) di Riace e coinvolta nell’inchiesta “Xenia”, il tribunale del Riesame ha imposto l’obbligo di firma nel comune calabrese.
Defilata e refrattaria al circo mediatico che si è scatenato attorno a uno dei casi giudiziari più seguiti degli ultimi anni, si è detta determinata a proseguire nel progetto del suo Mimmo. Una storia d'amore discreta e silente, vissuta nella riservatezza e lontano dalla vita pubblica. In molti la ricorderanno seduta accanto a lui sulle scalette della taverna Donna Rosa, cuore del villaggio globale di Riace, nei giorni della protesta e del digiuno di Lucano. Un legame, quello con Mimì, forte e quasi insperato per lei, giunta dall’Africa con due bambini e con la morte nel cuore dopo aver visto la sorella morire annegata in un drammatico naufragio a largo di Lampedusa dieci anni fa. Un episodio che l’ha segnata profondamente. Lacerata dai sensi di colpa non avrebbe sopportato un’altra tragedia familiare. Da qui il tentativo di portare in tutti i modi in Italia suo fratello, anch’egli finito al centro dei presunti matrimoni combinati e contestati dalla Procura di Locri.
Giunta nel paese dell’accoglienza si è messa subito a lavorare come mediatore culturale nei progetti Sprar. Su di lei l’opinione pubblica riacese è spaccata. Da quando ha deciso di legarsi sentimentalmente a Lucano, Lemlem ha il primato di maldicenze e pregiudizi collezionati. Il fascino discreto del suo incedere elegante per le strade del borgo alimenta diffidenze e chiacchiericci da bar. Ma chi la conosce bene la descrive come una donna dal carattere forte e agguerrito, tenera e dolce con i suoi figli. Una donna che ha scelto la strada del silenzio davanti a microfoni e telecamere che l’attendevano fuori dal Cedir, dopo essere esplosa in pianto davanti ai giudici professando la sua innocenza. Da due settimane Lemlem guarda il mondo attraverso le lenti scure dei suoi occhiali, antidoto alla timidezza, forte del suo carisma e sintomatico mistero.
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