VIDEO | Tutte le istituzioni che dovrebbero farsi carico di questo disagio non offrono assistenza all'altezza della complessità del problema. Molti genitori sono costretti a rivolgersi ai giudici per vedersi riconosciuti i loro diritti
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«Per veder riconosciuti i nostri diritti dobbiamo rivolgerci ai giudici». Sintetizza così lo sforzo che sta dietro ciascuna famiglia Alfonso Ciriaco, avvocato e presidente dell’associazione Oltre l’Autismo, sodalizio catanzarese nato per supportare le famiglie alle prese con bambini affetti da autismo e spesso costretti a lottare per ottenere ogni minimo servizio. Tematiche che sono tornate di drammatica attualità dopo la morte di Saverio Corasoniti, il 22enne deceduto insieme ad altri due fratelli di 14 e 12 anni, nell’incendio della loro casa a Catanzaro.
Famiglie disorientate e abbandonate
Il racconto di Alfonso è quello di una corsa ad ostacoli, richieste di aiuto rivolte alle istituzioni mai riscontrate e che finiscono spesso dinnanzi ai giudici per ottenere un giusto riconoscimento. Chi ha un figlio affetto da autismo sa bene che il disorientamento è un sentimento con cui dovrà fare ben presto i conti: «Spesso ci si affida al sentito dire o a scelte del tutto personali perché non ci sono sportelli informativi o centri che aiutino le famiglie e le indirizzino verso i servizi».
La diagnosi
La ragione appare quasi banale, servizi rivolti all’integrazione e al trattamento di ragazzi con disabilità ce ne sono pochi e quelli presenti spesso non sono adeguati a soddisfare le piene esigenze dei bambini. Le difficoltà hanno inizio già in tenera età, quando le famiglie devono ottenere una diagnosi. L’unico centro è quello di Neuropsichiatria infantile che nella provincia di Catanzaro afferisce all’azienda sanitaria provinciale. Una volta diagnosticata la patologia, la stessa Asp dovrebbe farsi carico del paziente disponendo apposite terapie.
Sanità pubblica con le armi spuntate
Questo è quel che dovrebbe avvenire in teoria ma nella pratica l’Asp non dispone di centri deputati al trattamento di queste patologie e nella maggior parte dei casi delega a strutture private convenzionate. A Catanzaro ne sono presenti solo un paio: «Spesso non tutti i pazienti vengono accettati e in ogni caso non eseguono terapie adeguate». Alfonso racconta che secondo le linee guida ministeriali la migliore terapia per consentire ad un bambino autistico di fare progressi è quella cognitivo comportamentale, mentre nei centri si effettua solo logopedia e psicomotricità. «Anche queste vanno bene – precisa Alfonso – ma non sono sufficienti».
Unica soluzione: rivolgersi ai privati
È così che spesso capita che le famiglie debbano rivolgersi a studi di professionisti privati sborsando diversi quattrini. «Consideri che questo genere di terapia viene erogata privatamente a 30 euro all’ora e deve essere svolta per 8 ore a settimana». Conti alla mano, una famiglia si trova a sborsare al mese una somma che oscilla tra 800 e 1.000 euro, solo per garantire a suo figlio una terapia adeguata. Vi sono genitori che sono stati anche costretti a fare causa all’Asp per ottenere il rimborso delle spese sostenute e debitamente documentate. Il giudice infine gli ha dato ragione.
Comuni inadempienti
Ma le aziende sanitarie provinciali non sono le sole istituzioni che dovrebbero farsi carico di questi problemi. Anche le amministrazioni comunali – dietro richiesta della famiglia – sono obbligate a redigere un progetto di vita volto all’inclusione sociale del bambino autistico e che tenga assieme attività sportive e ricreative in genere, sociali, culturali. «I settori Politiche Sociali dei Comuni non hanno personale formato per questo genere di programmazione – aggiunge Alfonso – e soprattutto dichiarano di non avere fondi dedicati, anche se esistono finanziamenti statali destinati alla disabilità». Anche in questo caso una famiglia di Lamezia Terme si è vista costretta a rivolgersi al Tribunale per ottenere dall'amministrazione la redazione del progetto di vita.
A scuola pochi insegnanti formati
E a scuola le cose non vanno meglio. «Ci sono pochi insegnanti formati per affrontare questo genere di patologie e i pochi che ci sono non garantiscono continuità». Ovvero, ogni anno potrebbe capitare un insegnante diverso a discapito dell’alunno che - ad inizio lezioni - si trova così catapultato in un nuovo metodo di insegnamento. «Inoltre, il Comune – prosegue Alfonso – è obbligato ad assicurare la presenza a scuola di un assistente alla comunicazione e alla persona». Una sorta di educatore: «A Catanzaro a causa dei mancati finanziamenti da parte della Regione, il Comune riesce a garantire solo un’ora e mezza ad alunno a settimana».
«Niente soldi? Almeno dateci informazioni»
«Noi come associazione possiamo fare ben poco – conclude Alfonso -, metterci assieme per confrontarci non è più sufficiente. Proponiamo che venga almeno attivato uno sportello informativo a cui i genitori possano rivolgersi per avere informazioni ed essere indirizzati nei giusti percorsi da intraprendere. Adesso le famiglie sono abbandonate a se stesse».